Non libera. Così è bollata la Turchia nell’ultimo rapporto Freedom on the Net 2017 della Ong americana Freedom House (Fh), dedicato alla libertà di internet. Criticata per la sua presunta ed eccessiva vicinanza al governo a stelle e strisce, le pubblicazioni di Fh restano un punto di riferimento per misurare le tendenze nei rapporti tra i governi e la rete.

È già il secondo anno che la Turchia finisce nel lato buio della classifica e il malato è sempre più grave. Il rapporto prende in esame i 12 mesi tra giugno 2016 e luglio 2017, l’anno seguito al tentato golpe, le cui conseguenze, riuscito o meno, restano tragiche.

Perché da quel giorno il mantra è diventato la sicurezza nazionale, formula a cui l’orecchio turco è da sempre ipersensibile. L’ha esplicitato anche il Consiglio di sicurezza nazionale quando, accanto a strutture religiose deviate e gruppi terroristici etnicamente ispirati, ha indicato i social media tra le principali minacce al Paese.

Così dice anche la legge 5651, nata nel 2007 per proteggere i minori dall’accesso a contenuti pericolosi come pedofilia, promozione al suicidio e persino crimini contro Ataturk, ma emendata negli anni successivi «per ampliare l’applicazione della censura allo scopo di garantire la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico», come dice il rapporto.

Se è la famigerata legge anti terrorismo che conduce alla sbarra giornalisti, accademici, ricercatori, attivisti e normali cittadini, è la legge 5651 che blocca siti, cancella account, elimina pensieri e parole.

Certo, «il 90% dei siti sono stati bloccati con motivazioni di oscenità», ma è un effetto collaterale che la stessa ragione porti al blocco di piattaforme dedicate al tema Lgbt».
Molto meno collaterali sono i blocchi decisi dal governo ai canali di comunicazione. Fh lo denuncia come il più grave ostacolo all’accesso a internet.

Facebook, YouTube, Whatsapp sono stati congelati più volte, come Twitter, che riceve dalla Turchia il 65% di richieste di cancellazione di account o contenuti. Ora per via di un attentato, ora perché vengono arrestati politici d’opposizione, per una nuova operazione militare nel Sudest curdo. Come l’11 settembre 2016, quando internet venne bloccato per ore in 10 città mentre 28 sindaci venivano ammanettati. «Per tutelare la sicurezza pubblica», disse il primo ministro Yildirim. Per il cittadino sapere è pericoloso.Infatti da mesi Wikipedia è bloccata per via di due articoli sul ruolo turco nella guerra in Siria.

Il rapporto Fh sostiene anche che il governo «utilizza i post online di attivisti, giornalisti e cittadini come prova in tribunale». E non incute meno timore «l’esercito di 6.000 individui arruolati dall’Akp (il partito di Erdogan ndr) per manipolare la discussione pubblica» e indebolire i movimenti antigovernativi sui social. «Un team professionale di grafici, programmatori ed ex militari addestrato alla guerra psicologica», secondo un report del Daily Dot riportato anche da Fh.

Così si spiegano i numeri riportati dall’Ipi (International Press Institute), che ha registrato 760 comportamenti abusivi e 176 comportamenti violenti contro giornalisti. Perché all’ignoranza si aggiunga la minaccia. Sarà per questo che in Turchia per il cittadino sapere è pericoloso.