Da ieri Ahmet Sahbaz, l’agente che lo scorso primo giugno ad Ankara ha ucciso con un colpo di pistola Ethem Sarisülük durante una manifestazione a sostegno del movimento Occupy Gezi, è libero. Il processo continuerà, ma il tribunale di Ankara non ha convalidato l’istanza di arresto per il poliziotto che avrebbe agito secondo i giudici «nei limiti della legittima difesa». Sahbaz era l’unico agente in carcere per atti di violenza commessi contro i manifestanti che stanno scendendo in piazza da quasi un mese in tutto il paese. Dopo il rilascio del poliziotto i familiari della vittima hanno annunciato che faranno ricorso contro l’istanza di scarcerazione e chiederanno alla Corte europea per i diritti umani di pronunciarsi sul caso visto che «non è stata condotta una indagine imparziale».
Quattro morti, tre manifestanti e un agente, 11 persone colpite da lacrimogeni sparati ad altezza uomo che hanno perso la vista, più di 7.500 feriti, sei a rischio di vita, questo il bilancio degli scontri secondo il report redatto dall’Unione dei medici turchi (Ttb), ma ieri il premier Erdogan è tornato a difendere le forze dell’ordine e durante la cerimonia di consegna dei diplomi all’accademia di polizia di Ankara ha dichiarato di aver dato di persona l’ordine di sgomberare il parco Gezi definendo «epico» l’operato degli agenti: «La nostra polizia ha superato con successo un test democratico molto importante, non permetteremo agli avversari della Turchia e ai media nazionali e internazionali di attaccarla. Io e il mio governo ci congratuliamo con le forze dell’ordine con entusiasmo e a nome della nazione ringrazio i miei fratelli poliziotti per essere intervenuti con patriottismo e senso del sacrificio» ha detto il premier.
Il discorso di elogio alla polizia è stato pronunciato proprio mentre emergono nuove prove dell’uso eccessivo della forza da parte della polizia come il video che documenta il pestaggio a freddo di tre manifestanti il due giugno ad Ankara pubblicato sul sito del quotidiano turco Hürriyet. Le immagini raccolte dalla telecamera a circuito chiuso del parcheggio dove gli attivisti si erano rifugiati mostrano circa 13 agenti che si scagliano contro i ragazzi colpendoli con calci, pugni e manganellate per diversi minuti. Tuttavia, nonostante la repressione il movimento contro il governo Erdogan, continua a scendere in piazza. Sono decine i «forum aperti» organizzati tutti i giorni a Istanbul e nel resto della Turchia dove si discute di come influenzare le decisioni politiche sia a livello locale che nazionale. Sabato a Istanbul decine di migliaia di persone rispondendo all’appello di «Taksim solidarietà», il coordinamento dei gruppi che hanno partecipato all’occupazione del parco Gezi, hanno riempito di nuovo piazza Taksim con garofani in mano per ricordare le vittime degli scontri di questi giorni, ma poco dopo l’inizio del meeting la polizia ha caricato i manifestanti in piazza per poi disperderli con gli idranti. Gli scontri sono proseguiti fino a notte inoltrata per le vie del centro e le forze dell’ordine hanno fatto largo uso di lacrimogeni e proiettili di gomma.
Il pugno duro del governo Erdogan, tuttavia rischia di mettere in discussione il processo di adesione di Ankara all’Unione europea ripartito a febbraio dopo il cambio di linea della Francia. Il premier e diversi ministri del suo governo hanno criticato duramente le dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel che si era detta «scioccata» dalla repressione delle manifestazioni e ieri, quando manca un giorno dalla riapertura del negoziato di adesione che era fermo da tre anni, il ministro degli esteri Guido Westerwelle ha chiesto all’Irlanda, che presiede in questi mesi l’Unione europea, di posticipare di tre mesi l’apertura di un nuovo capitolo negoziale con Ankara prevista per questi giorni, una proposta che gode del sostegno di altri stati membri.