Carri armati schierati, muri di cemento armato rimossi e i cannoni che tuonano verso i villaggi oltre confine. Il governo di Ankara sembra intenzionato ad andare in guerra, come annunciato dal ministro della difesa Nurettin Canikli: al via un’operazione militare per strappare il controllo del cantone di Afrin, enclave a maggioranza curda nel nord-ovest della Siria.

«L’OPERAZIONE è de-facto cominciata, siamo a un punto di non ritorno» ha chiosato il ministro. Pronti 5.000 miliziani dell’Esercito libero siriano (Fsa), sostenuti da due brigate delle forze speciali turche guidate dal generale Metin Temel. L’esercito turco continua il bombardamento con gli howitzer, ma ancora non ha mosso un passo in territorio siriano. Fanno eccezione le posizioni fortificate costruite a sud di Afrin, nella regione di Idlib, come parte del piano concordato con Russia, Iran e Siria per la realizzazione di zone cuscinetto. Oggi queste posizioni potrebbero diventare parte della tenaglia che i turchi intendono operare, con truppe in ingresso da Azaz a est, roccaforte Fsa, e da Reyhanli a ovest, provincia turca di Hatay.

NEL 2016 l’Operazione Scudo dell’Eufrate aveva preso di mira territori dello Stato Islamico e impedito l’unificazione dei cantoni curdi di Koban e Afrin presidiati dalle Sdf, le milizie sostenute dall’America e composte principalmente dalle Ypg, i soldati della rivoluzione curda della Rojava. L’operazione si era conclusa con la costosa presa di Al-Bab, dove l’Is aveva opposto strenua resistenza e causato ingenti perdite. Da mesi la Turchia si prepara a una nuova guerra ad Afrin e lancia strali contro le milizie Sdf, accusate di terrorismo per via dei legami tra Ypg e Pkk. Secondo un comandante Fsa, l’inizio delle operazioni potrebbe essere imminente e previsto a partire alle 7 di oggi, se le condizioni meteo miglioreranno e se non cambierà nulla sulla scena internazionale.

AFRIN È UNA REGIONE dalla geografia aspra, una delle poche aree della Siria risparmiate dalla guerra perché il tessuto agricolo, industriale e commerciale si è rivelato autosufficiente per l’economia di guerra. L’afflusso di rifugiati ha raddoppiato la popolazione: nuove bocche da sfamare, ma anche braccia per combattere. Ma Afrin è isolata dalle altre zone controllate dalle Sdf: più difficile da difendere contro un attacco su larga scala come quello a cui la Turchia si appresta. La vita di centinaia di migliaia di persone è minacciata dall’intervento turco.

LA PRESENZA di personale militare russo, tra cui un generale, nella base militare di Kafr Jannah, incuneata tra Fsa e Sdf, rappresentava una garanzia di difesa per Afrin. Ieri alcune agenzie hanno riportato il ritiro delle truppe russe verso Aleppo, ma la notizia è stata smentita da fonti siriane e curde e soprattutto da Lavrov nella serata di ieri. Russia a cui la Turchia chiederà fino all’ultimo il proprio benestare, importante perché Mosca controlla sia i cieli siriani, necessari per dare supporto aereo all’operazione, sia il guinzaglio del governo di Damasco.

LE MINACCE del viceministro degli esteri siriano Faisal Meqdad di abbattere i caccia turchi non si concretizzeranno senza l’ok russo, che dallo stallo in corso spera, forse, di strappare concessioni territoriale alle Sdf che controllano il nord del paese. Per ammorbidire la linea di Putin, il Comandante delle forze armate turche Hulusi Akar e il capo dei servizi segreti Hakan Fidan sono volati ieri a Mosca per un incontro che ambo le parti hanno definito proficuo, ma senza rivelare dettagli su eventuali accordi raggiunti.

INTANTO GLI USA cercano riparo attraverso la portavoce del dipartimento di stato Heather Nauert, che ha rinnovato alla Turchia la richiesta di non intervento. I piani americani di costituzione di una forza di confine di 30.000 effettivi in Rojava hanno provocato l’ira turca e convinto Ankara a mettere in moto la macchina militare. A poco sono valse le smentite successive, se non a generare ancor più confusione e risentimento verso Washington. Erdogan cerca di intimidire gli Usa minacciando la stabilità dei progetti americani in Siria e lo fa prendendo di mira Afrin e la sua rivoluzione.