Oltre 55 milioni gli elettori sono chiamati oggi ad esprimersi sulla riforma della costituzione in Turchia. Seggi aperti dalle 8 alle 17 nella Turchia occidentale e dalle 7 alle 16 in quella orientale, per una resa dei conti elettorale che terrà con il fiato sospeso l’intero paese e milioni di persone in tutto il mondo. Un voto di cui non si può non ribadire ancora una volta la portata storica.

All’ultimo minuto scricchiola, ma non si spezza, la coalizione del Sì tra i partiti della destra turca Akp e Mhp, dopo che un consigliere del presidente Erdogan, Sukru Karatepe, ha paventato una possibile futura riformulazione in senso federale dello Stato in caso di vittoria del Sì.

Una dichiarazione che ha mandato subito in fibrillazione il leader Mhp Bahceli, che ha minacciato di dirottare il voto del suo elettorato se tale dichiarazione non fosse stata subito smentita.

Pronta la risposta di Erdogan, che ha rassicurato l’alleato con un messaggio attraverso il sito ufficiale della presidenza: «Siamo stati i più solerti sostenitori della struttura unitaria della Turchia e continueremo ad esserlo. Che si parli di federalismo, province [autonome nda] o altro, nulla di tutto ciò è o sarà mai parte del nostro programma».

Un messaggio che appare essere una pietra tombale su qualsiasi possibilità di decentramento amministrativo e politico. Anche se, ad onor del vero, Erdogan ha dato prova in questi anni di saper spiazzare tutti con cambiamenti di agenda figli di un pragmatismo spietato che lo hanno condotto fino al referendum di oggi.

Il partito di opposizione Hdp, nel comizio finale a Diyarbakir, con Pervin Buldan chiede il no ad una preoccupante deriva autoritaria, ma anche alle politiche persecutorie nei confronti della popolazione kurda e dei suoi rappresentanti eletti: «Erdogan è venuto ad Amed [Diyarbakir in kurdo] vestendo i panni della vittima, dicendo che anche lui, quando era sindaco, è stato una volta arrestato. Ebbene dove sono i nostri sindaci, i nostri parlamentari?».

Anche Kilicdaroglu, segretario del partito Chp, ha voluto sottolineare come questa riforma sia l’equivalente di un suicidio per il paese: «In questo modo stiamo mettendo 80 milioni di persone su un autobus senza freni e senza sapere dov’è diretto».

Kilicdaroglu ha poi invitato i suoi elettori a non provocare gli avversari politici in caso di vittoria del No, per «mantenere serenità contro ogni tipo di provocazione».

Un messaggio che invita alla calma in un momento in cui la tensione sociale è al massimo: qualunque risultato esca dalle urne, il rischio di scontri ed episodi di violenza tra i sostenitori dei due schieramenti o con le forze di polizia è molto alto.

Mesi di campagna giocata su toni durissimi hanno polarizzato l’intero paese, le cui ferite non si rimargineranno certo facilmente.