La quiete, prima della tempesta. In attesa di due giornate decisive per il campionato, quando la Juventus andrà prima a fare visita al Napoli e poi ospiterà l’Inter, il fine settimana non regala partite di alta classifica o scontri salvezza. Un modo per ricaricare le batterie fisiche e psicologiche, soprattutto per chi ha giocato nelle coppe. Se in Europa League le italiane sono tutte qualificate, in Champions all’ultimo turno si profilano veri e propri spareggi, con il traumatico significato che il termine ha assunto dopo Italia-Svezia. Usando l’antico metodo di sommare i punti in classifica per decidere l’importanza delle partite, il big match diventa Cagliari-Inter, 48 punti in due. L’Inter è un caso limite: non ha nuove stelle da mettere in vetrina, se non i «vecchi» Icardi e Perisic; non ha la miglior difesa, né il miglior attacco; non gioca un calcio particolarmente spumeggiante, eppure ha battuto Fiorentina, Roma, Milan e ha pareggiato in trasferta a Napoli. Nessuno la vede favorita, eppure è costantemente seconda in classifica e nulla lascia presagire un suo crollo. Anzi. Segue Udinese-Napoli (47), dove sulla panchina friulana toccherà al nuovo tecnico Oddo provare a fermare l’irresistibile cammino della capolista. Poi Lazio-Fiorentina (45) e Juve-Crotone (43).

Che la quarta partita più importante della giornata sia il testacoda tra i bianconeri – che in Champions si sono presentati con un inedito 3-4-2-1, nuovo modulo per superare la crisi? – e una seria candidata alla retrocessione, dice molto sulla qualità del nostro sistema. Per questo, la fase di scarico del calcio giocato permette di concentrarsi sulle ultime vicende di una politica sportiva tutt’altro che quieta, dove tuoni e fulmini imperversano da settimane. Siamo nel pieno di un durissimo scontro tra il Coni e il governo del calcio. Al momento delle pressioni esercitate per ottenere le dimissioni di Tavecchio, il presidente del Coni aveva ottenuto la certezza di poter commissariare la Figc. Per farlo però, doveva decadere l’intero Consiglio federale, cosa che non è accaduta. Evidentemente, altre pressioni hanno spinto nella direzione opposta. Una sconfitta assai pesante per Malagò, che ha ancora l’appiglio giuridico per intervenire se entro l’11 dicembre, a scadenza della reggenza Tavecchio, non si è trovato il sostituto. Ecco quindi partire una corsa contro il tempo.

Giovedì, in fretta e furia è stato eletto in Serie B l’ex commissario Balata, che nel programma di candidatura aveva espresso la volontà di legarsi a Sky per il prossimo triennio, dimenticando che il bando è pubblico e facendo capire di essere il candidato di quel potere televisivo che tiene in ostaggio il pallone. Lunedì, nell’assemblea di Serie A, da una parte Inter e Napoli potrebbero trovare un accordo con la Roma, per non eleggere nessuno e permettere a Malagò di commissariare il tutto. In mezzo, la Juve stretta nelle diatribe tra Elkann e Agnelli. Dall’altra, Lotito e la sua (ora non tanto più solida) maggioranza sono pronti a eleggere chicchessia pur di evitare il commissariamento Figc, probabile fine del suo impero. Tra i vari nomi proposti dal patron laziale, il favorito per rifondare il calcio è un ex magistrato, classe 1941. L’Italia non è più un paese per Tavecchio, ma rimane sempre un paese per vecchi.