Al Fsm, che si è concluso ieri a Tunisi, particolarmente attive sono state le donne tunisine. A Khadija Ben Hassine, presidente di Afturd (Associazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo) e docente di filosofia all’università di Manouba, abbiamo chiesto un’opinione sull’attualità, a partire dall’attacco terroristico al Bardo.

Ve l’aspettavate?
Si me l’aspettavo, dopo che due anni fa erano stati assassinati il deputato Brahmi e l’avvocato Chokri Belhaid. Il terrorismo è presente nella capitale e in altre città, mentre negli agglomerati più popolosi vi sono veri e propri depositi di armi. Durante il governo transitorio tecnocratico – dal gennaio 2014 al febbraio 2015 – sono stati scoperti veri arsenali. Ci sono quartieri nelle mani dei jihadisti dove la polizia non può entrare. A Manouba (periferia di Tunisi), lo scorso ottobre, c’è stata una sparatoria tra terroristi e polizia con morti da entrambi le parti e tra i terroristi che sparavano c’erano delle donne. Era solo una questione di tempo. Ma non pensavo che sarebbe successo al Bardo e non perché i terroristi rispettino i musei, ma perché essendo un luogo simbolico, sede del vero potere politico, con tesori storici da proteggere, avevo osato sperare ci fosse una sicurezza adeguata. Non era così. Inoltre, all’interno del recinto c’è una moschea antica, aperta al pubblico, e i fedeli parcheggiano lì le loro auto. Questa è una mancanza ancora più grave. Ma i tunisini non sono ancora consapevoli, pensano che il problema terrorismo riguardi solo gli altri.

C’è chi parla di responsabilità del partito islamista Ennahdha…
Gli islamisti al potere hanno contato su una base radicale, hanno permesso che gli estremisti agissero per contare sui loro voti, hanno facilitato il dispiegamento delle loro forze e le loro attività. E non è stata solo Ennahdha, l’ex presidente della repubblica Marzouki ha ricevuto i terroristi al palazzo di Cartagine, cosa che i tunisini considerano una profanazione. C’è di più. Coloro che avevano goduto dell’amnistia generale, dopo la caduta di Ben Ali, sono stati reinseriti nell’amministrazione pubblica. Si tratta di persone che si erano radicalizzate al di fuori dei principi dello stato, seguendo una logica islamista e soprattutto quella dell’internazionale terroristica.

Ora occupano posti, anche chiave, dell’amministrazione. E si verificano fatti gravi: il responsabile della sicurezza dell’aeroporto, di Ennahdha, fa passare i terroristi nel salone d’onore e permette loro di addestrarsi all’interno dell’aeroporto. Il problema è che non ci sono esperti di intelligence in grado di intercettare i fondamentalisti. Quelli che si erano formati sotto Ben Ali sono stati licenziati, alcuni incarcerati, e sono stati sostituiti da esponenti di Ennahdha che volevano vendicarsi.

Cosa è cambiato dopo la vittoria elettorale di Nidaa Tounes?
C’è stato un vero cambiamento ma precario. I tunisini hanno avuto la fortuna che Ennahdha abbia vinto le prime elezioni, hanno avuto il tempo di vederli all’opera e di comprendere la loro pericolosità. Gli islamisti hanno giocato la carta dell’islam, del timore di dio, ma andati al potere non hanno avuto timore di dio, hanno violato la legge, hanno giustificato le ingiustizie con la trascendenza. Dunque i tunisini si sono mobilitati, soprattutto le tunisine – i voti delle donne sono stati determinanti – e ha vinto Nidaa Tounes.

Anche il Fronte popolare ha avuto una buona affermazione con 17 deputati che stanno all’opposizione. La situazione politica è cambiata, ma Ennahdha resta la seconda forza politica e con un vantaggio su Nidaa Tounes che è un partito nuovo, formato da personaggi di sinistra, della destra democratica, esponenti dell’ex regime, senza ideologia, dunque fragile. Nidaa Tounes ha voluto neutralizzare Ennahdha coinvolgendola nel potere (con un ministro), così gli islamisti non possono fare quella guerra che avrebbero potuto fare se fossero stati relegati all’opposizione. Positiva è anche la scelta di diversi ministri indipendenti, compreso il capo del governo. Poi ci sono donne anche in ministeri chiave, come la cultura. Latifa Lakhdar è una storica, a lungo iscritta al Partito comunista, militante femminista. Per me il cambiamento è l’aver portato vecchi militanti della sinistra nel governo.

Ma non è facile, tre anni di troika (la coalizione formata da Ennahdha e due partiti laici, ndr) hanno lasciato un paese in rovina. Ora bisognerà affrontare la nuova sfida del terrorismo nelle città.