Con gli ultimi 41 arresti nella notte del settimo anniversario della «rivoluzione» – il 14 gennaio, giorno delle dimissioni di Ben Ali – è stata superata quota 800 come cifra dei detenuti presi nel mese che ha incendiato nuovamente la Tunisia. Ancora manifestazioni e barricate, con pneumatici incendiati e lacrimogeni, sabato e domenica, nei sobborghi di Tunisi e Feriana, nel governatorato di Kasserine.

Nessun clima di festa, comunque, quanto l’occasione per il governo di annunciare una serie di misure volte a stemperare il malcontento popolare alla base delle rivolte quantificate in 70 milioni di dinari, circa 23,5 milioni di euro, incluso un «fondo di dignità» per i più deboli, non meglio specificato, e l’impegno alla pubblicazione della lista definitiva dei martiri e dei feriti del 2011, con relativi risarcimenti, entro la fine di marzo.

Domenica le migliaia di persone che si sono riversate su Avenue Bourghiba hanno gridato «la rivoluzione continua». E nel suo comizio Noureddine Taboubi, segretario generale del sindacato Ugtt, è tornato a scagliarsi contro la legge finanziaria 2018 «ingiusta e contro ceti medi e popolari» tornando a chiedere al governo di mettervi mano. Ancora ieri un gruppo di giovani laureati disoccupati tunisini ha organizzato una marcia di protesta nel centro di Jendouba. E oggi arriva il ministo Alfano.