Mohiddine Cherbib, presidente del Comitato per il rispetto delle libertà e dei diritti dell’uomo in Tunisia ha riferito che l’Istanza superiore indipendente per le elezioni (Isie) ha escluso candidati dalla presidenza di seggi elettorali senza motivo, invece ha confermato quelli con un’appartenenza politica. «La maggioranza dei membri del seggio di Strasburgo sono di Ennahda», ha aggiunto. «Anomalie» anche in Marocco dove 5 seggi sono gestiti dell’associazione Dar Ettounsi, vicina a Ennahda.

Non fa eccezione l’Italia, dove si vota già da oggi e dove la gestione del voto al nord – lì è concentrata la maggior parte dei tunisini – è in mano ad un attivista del Centro islamico di Saronno, Abdellatif Chridi.

Nonostante la sua gestione personalistica dell’Istanza che sovrintende al voto in Italia, denunciata da altri componenti, l’Isie non ha ritenuto necessario intervenire per riportare la situazione alla normalità. Anche l’Italia, che deve eleggere tre deputati, è una delle molte «anomalie». Kalthoum Ben Soltane, docente di arabo all’università di Urbino, e Afef Hagi, psicologa, a Firenze per un dottorato di ricerca, componenti – riconosciute da Tunisi dove hanno fatto la formazione – dell’Istanza italiana, sono state costrette a dimettersi di fronte all’«omertà» del presidente della commissione Chridi, che ha sempre preso da solo le decisioni e non ha mai voluto rendere trasparente l’uso del budget a disposizione.

Dimissioni accettate dall’Isie di Tunisi senza chiedere spiegazioni. Nulla di nuovo, anche in campagna elettorale: una candidata incontrando studenti tunisini si è sentita chiedere quanto avrebbe pagato per il voto. «Perché gli altri ci pagano!», hanno detto. Da dove arrivano i soldi? Probabilmente dagli stessi finanziatori della campagna elettorale in Tunisia, ma che questo avvenga sotto i nostri occhi, nell’indifferenza generale, è inquietante. Un aiuto alla rivoluzione tunisina? Non lasciare la campagna elettorale ai militanti islamisti, altrimenti anche stavolta i deputati eletti in Italia saranno in maggioranza di Ennahda. Comunque, Khaltoum e Afef non si danno per vinte e con la loro associazione Pontes , che raggruppa i tunisini in Italia, hanno fatto la formazione – attraverso la Comunità europea – per essere osservatrici alle elezioni. E non sono sole.