Meno del 10 per cento. Il primo dei tre appuntamenti destinati a cambiare il volto istituzionale della Tunisia nel 2022 si è concluso con una bassa partecipazione popolare, segno che nel paese l’agenda politica non è più sentita come una priorità.

Un 10 per cento che fa riferimento alla consultazione online promossa dal presidente della Repubblica Kais Saied dopo lo scossone di poteri cominciato il 25 luglio 2021, quando il responsabile di Cartagine ha sciolto il governo e congelato il parlamento sulla scia di una pesante crisi politica ed economica. Il governo precedente di Hichem Mechichi non riuscì a trovare risposte, travolto anche dalla mala gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

DA LÌ SAIED ha intrapreso un percorso fatto di pieni poteri attraverso il decreto presidenziale del 17 settembre 2021, a cui è seguito il discorso alla nazione del 13 dicembre con cui ha dettato l’agenda istituzionale del paese: consultazioni online fino al 20 marzo per includere i tunisini nella scrittura della nuova costituzione; referendum costituzionale il prossimo 25 luglio; elezioni anticipate il 17 dicembre, anniversario dell’immolazione di Mohamed Bouazizi a Sidi Bouzid.

«Più di mezzo milione di persone ha partecipato alla consultazione online nonostante la campagna di diffamazione, disinformazione e gli ostacoli che ci hanno posto i partiti», ha affermato il presidente Saied in un discorso alla nazione (registrato) nella tarda serata di domenica. Il 20 marzo non è una data come le altre; è l’anniversario dell’indipendenza dall’occupazione francese (1956).

I simboli scelti dal responsabile di Cartagine sono densi di significato, le accuse rivolte a possibili sabotatori interni sull’esito delle consultazione meno: «La partecipazione a questo processo è stata interrotta da coloro che vogliono andare contro il popolo. Non hanno trovato argomenti (nessun riferimento personale, ndr), nessuna prova, come possono allora sottostimare uno sforzo storico senza precedenti?», ha concluso Saied.

PARLANDO di numeri precisi, sono state 534.915 le persone che hanno deciso di partecipare a Istichara. Tra queste c’è Adem Chedly, ha 26 anni, vive nella prima periferia di Tunisi e ha ancora in mente gli anni del post Rivoluzione del 2011, fatti di maggiori aperture democratiche ma anche di crisi economiche, politiche e sociali: «Abbiamo sofferto molto prima del 25 luglio, mentre qui morivamo di Covid i nostri politici erano impegnati in scontri inutili, hanno dato per scontata la sofferenza dei tunisini. Non vogliamo tornare alla dittatura, oggi abbiamo un’altra consapevolezza rispetto all’epoca di Ben Ali. Ognuno di noi ha il diritto di esprimersi e questo referendum popolare promosso da Saied è stato sicuramente innovativo». Adem si è espresso su sei quesiti: economia; sviluppo e transizione digitale; istruzione e cultura; politica ed elezioni; qualità della vita e società. Sul nuovo regime che dovrà intraprendere la Tunisia, aveva tre opzioni tra regime presidenziale, parlamentare o semipresidenziale. Ha scelto quella presidenziale.

ULTIMO GIORNO della consultazione online, anniversario dell’indipendenza ma anche l’ennesima protesta contro quello che gli oppositori di Saied dal 25 luglio definiscono chiaramente un colpo di Stato. È stato un 20 marzo ricco di appuntamenti in Tunisia. Sulla manifestazione di domenica è caduta la spada di Damocle della scarsa partecipazione, quasi 2mila persone infatti si sono trovate di fronte al parlamento chiuso a ovest della capitale.

SECONDO SEGNO della disaffezione politica che sta interessando i tunisini. Oggi nel paese l’urgenza più sentita è la crisi economica e sociale, alla base del largo sostegno con cui è stato accolto il colpo di forza di Kais Saied. Secondo i recenti sondaggi di Sigma Conseil il presidente godrebbe dell’83 per cento dei voti. Con un’incognita: la partecipazione.