Dalle urne elettorali emerge una Tunisia più instabile, divisa in decine di tasselli che confermano quando previsto dagli exit poll, con Ennahdha, il partito di ispirazione islamista moderata, che si conferma la prima forza del paese.

Gli islamisti conquistano 52 seggi su 217, presentandosi come la tessera più grande del mosaico politico tunisino, ma ne perdono 17 rispetto al 2014, puniti dagli elettori per la loro alleanza con i secolaristi di Nidaa Tounes, che dall’ultima legislatura esce invece diviso in cinque. Il partito dell’outsider Nabil Karoui si aggiudica 38 seggi, seguito dal social-democratico Ettayar (Corrente democratica) dell’attivista per i diritti umani Mohamed Abbou con 22 seggi e dalla coalizione islamista Al Karama, guidata dall’avvocato populista islamico Seifeddine Makhlouf con 21 seggi.

Il Partito Desturiano Libero (Pdl) della avvocata anti-islamista Abir Moussi ottiene 17 seggi, il Movimento del Popolo 16 seggi, Tahya Tounes 14, Machrou3 Tounes quattro seggi mentre i restanti 33 seggi sono andati a una varietà di liste minori indipendenti, costituiti in larga parte da «novelli» della politica. A Ennadha mancano 97 seggi per formare una maggioranza. E per farlo è necessaria una buona dose di pragmatismo. Un esercizio in cui Ennahdha ha dato prova di essere all’altezza già nel 2014, dimostrandosi capace di mescolare lo spirito della rivoluzione e Realpolitik. Ma con i piccoli numeri usciti dalle urne, il gioco rischia di farsi più complesso. Rached Ghannouchi, leader del partito islamista moderato, ha annunciato che «il partito governerà da solo o in coalizione con le forze della rivoluzione».

Che potrebbero essere rappresentate ad esempio dalla coalizione islamista Al Karama e dai nazionalisti, a cui andrebbe il delicato compito di fare da stampella a una maggioranza comunque instabile, soprattutto dopo una campagna elettorale costruita più sugli attacchi agli avversari che sui contenuti. Non a caso, sia Tahya Tounes che Qalb Tounes e il Partito Destouriano hanno escluso qualsiasi possibilità di dare vita a un’alleanza con il partito di Ghannouchi.

Se Ennahdha non riuscirà a costituire una maggioranza, allora l’ultima parola spetterà al futuro presidente della repubblica, che nominerà un candidato. Se neanche l’intervento del presidente basterà per uscire dall’impasse, allora saranno necessarie nuove elezioni parlamentari. Sullo sfondo di una crisi economica senza precedenti.