Dopo poco più di un mese dalla morte del presidente della repubblica Beji Caid Essebsi, in Tunisia la campagna elettorale si è ufficialmente aperta lunedì scorso. Uno scrutinio che, secondo la stessa stampa nazionale, si presenta «imprevedibile» – per l’unico paese “sopravvissuto” alle primavere arabe del 2011 – ma «decisivo» per consolidare il proprio assetto democratico.

«È la prima volta che i tunisini non hanno alcuna idea di chi potrà essere il loro futuro presidente – scrive il quotidiano Le Maghreb – visto che nel 2014 c’erano personalità come il presidente uscente Marzouki o Beji Caid Essebsi. Oggi, al contrario, tutto è possibile».

Inizialmente previste per il 17 novembre, le presidenziali sono state anticipate al 15 settembre dall’Isie (Alta autorità indipendente per le elezioni), a causa della morte prematura di Essebsi. Vedranno in lizza 26 candidati.

Molti sondaggi – gli ultimi risalgono a luglio – danno in testa l’uomo d’affari e magnate dei media Nabil Karoui che dallo scorso 23 agosto è agli arresti con l’accusa di riciclaggio di denaro. Dopo molte incertezze, l’Isie ha convalidato la sua candidatura.

I suoi sostenitori continuano ad affermare che dietro il suo fermo, considerato irregolare, ci sia il premier Youssef Chahed, suo principale antagonista. Accuse giustificate dalla recente proposta di legge, voluta dal primo ministro, di vietare a dirigenti di associazioni o proprietari di media – Karoui possiede il canale Nessma Tv ed è presidente dell’associazione benefica Khalil Tounes – di potersi presentare alle elezioni. Una legge ad personam, votata in parlamento, ma mai promulgata da Essebsi.

Il primo ministro Chahed, che ha delegato temporaneamente i poteri a Kamel Morjane, ministro degli Affari pubblici, per dedicarsi alla campagna elettorale, ha presentato mercoledì il proprio programma elettorale, riprendendo la sua consueta retorica riguardo al fatto di essere «l’uomo del cambiamento», nonostante questi anni di governo con pochi risultati positivi in materia di crescita economica e lotta alla disoccupazione.

Gli altri outsider nel campo dei partiti laici potrebbero essere l’anziano ministro della difesa Abdelkarim Zbidi, considerato il successore di Essebsi, ma uomo politico poco carismatico; Kais Saied, indipendente e neofita in politica; e l’ex presidente Moncef Marzouki. Opposto agli avversari laici, per la prima volta, il candidato del partito islamista Ennahdha, presidente ad interim dell’Assemblea parlamentare, Abdelfattah Mourou.

Una scelta fatta dal leader Rachid Gannouchi per proseguire in quel percorso di discontinuità con l’obiettivo di allontanare il partito dalla deriva islamista che aveva portato il paese sull’orlo di una guerra civile e che aveva evidenziato tutti i limiti di Ennahdha (che si ispira all’ideologia dei Fratelli musulmani) in termini di dispotismo e clientelismo.

Secondo il politologo Hamza Meddeb, intervistato dall’agenzia Afp, ci sono delle concrete possibilità che il candidato di Ennahdha, primo partito in Tunisia con circa il 28%, vada al ballottaggio, previsto per il prossimo 4 novembre.

«La grande incognita – afferma Meddeb – sarà capire, vista la frammentazione del campo secolarista, chi sarà il suo rivale tra Nabil Karoui, Youssef Chahed o Abdelkarim Zbidi».

Pochissime possibilità per il campo progressista della sinistra tunisina. Il Fronte popolare, infatti, si presenta diviso con la duplice candidatura sia del suo storico segretario generale, Hamma Hammami (arrivò terzo alle presidenziali del 2014 con l’8%), che di Mongi Rahoui, sostenuto dal partito Al Watad e dall’altro partito di sinistra Al Taliaa.