A cinque anni dalla Rivoluzione (con la erre maiuscola, ufficiale festa nazionale)che ha abbattuto il regime di Ben Ali, la Tunisia è un paese ricco di conflitti, di delusioni ma anche di speranze.
Una nuova ondata di proteste sociali per il lavoro ha scosso molte città del paese dopo il suicidio per protesta a Kasserine di un giovane al quale era stato prima promesso, poi negato un posto di lavoro pubblico.

Questioni di diritti sociali e/o individuali possono stare sulla ribalta in Tunisia perché l’apripista delle primavere arabe è anche l’unico paese che è riuscito a evitare colpi di stato e guerre civili.

Per la transizione pacifica che ha sbloccato il pericoloso stallo del 2013 – quando gli islamisti di Ennahda primo partito esitavano a lasciar concludere il processo costituente e a convocare nuove elezioni – quattro soggetti della società civile tunisina hanno ricevuto il Premio Nobel della Pace.

Il sindacato Ugtt, la Confindustria Utica, l’Ordine degli Avvocati e la Lega dei Diritti dell’Uomo. Alle prime elezioni presidenziali – con poteri un po’ inferiori a quello francese – ha vinto l’anziano Beji Essebsi, fondatore del nuovo partito Nidaa Tounes, che alle elezioni ha battuto quello islamista. Il governo ora è «di larghe intese» con Nidaa e Ennahda insieme (all’opposizione la sinistra radicale del Fronte Popolare). Recentemente però l’ala più liberale e critica ha abbandonato Nidaa Tounes, accusandolo di esser diventato un partito verticista e immobilista.

La situazione economica e sociale è pesante, perché il turismo è crollato, boicottato dalle paure degli europei dopo i due attentati dell’anno scorso, il debito pubblico è cresciuto e non sembrano esserci settori in espansione. Col pretesto della lotta al terrorismo la polizia, una potenza nel regime di Ben Ali, ha ripreso vigore e vizi repressivi, spesso sostenuta, ma anche no, da una magistratura che vive nel pieno le contraddizioni della transizione.

Parecchi sono stati i casi di giovani «alternativi» del ceto medio urbano arrestati con pretesti come il possesso di cartine per arrotolarsi spinelli. Una nuova alleanza di gruppi e associazioni per la difesa delle libertà individuali è stata lanciata il 19 gennaio a Tunisi.

È in questo contesto che è venuta allo scoperto e si è sviluppata negli ultimi mesi la questione omosessuale, tra la richiesta di abrogare l’articolo 230 che ancora penalizza gli atti «di sodomia», il coming out inedito di giovani attivisti e gli episodi repressivi come l’incarcerazione di Marwen e poi dei sei ragazzi della Casa dello Studente di Kairouan.