La Grecia entra nel 2019 e volta pagina. Il paese si è lasciato alle spalle i memorandum di austerità degli ultimi otto anni, ed è tornato ad essere un normale membro dell’Eurozona. Si tratta, indubbiamente, della grande scommessa di Alexis Tsipras. Nel 2015 è stato costretto ad accettare le condizioni dei creditori, i quali non hanno voluto comprendere che il paradigma dell’austerità andava radicalmente cambiato. Ora, il paese riacquista la sovranità in campo economico e il governo di Syriza può rimettere in vigore i contratti collettivi di lavoro, alzare gradualmente le pensioni minime e scongiurare l’ultimo taglio dei trattamenti pensionistici che era stato richiesto dai creditori.

Tsipras ha voluto dimostrare che malgrado le difficoltà e le strettoie, la sinistra era in grado di gestire la situazione, facendo ricorso a quella che potrebbe essere definita «la strategia della resilienza»: resistere nel periodo più difficile, farsi carico anche di gravose scelte impopolari, pur di poter uscire dal commissariamento e riprendere in mano le sorti del paese.

Ora, la sfida più importante è quella delle elezioni europee ed amministrative, che si terranno in primavera. Le politiche si dovrebbero tenere in autunno, ma nessuno esclude con certezza il voto anticipato. Il centrodestra, con a capo Kyriakos Mitsotakis punta, sostanzialmente, sulla ricetta «meno tasse, meno stato, più investimenti». Syriza continua a sostenere con convinzione che lo sviluppo economico può andare di pari passo con il ripristino dei diritti sociali, specie in un paese come la Grecia, dove moltissimi imprenditori hanno approfittato della crisi per obbligare i lavoratori a firmare contratti individuali e aziendali.

Le difficoltà sono ancora molte. A cominciare dal tasso di disoccupazione, che è si in costante discesa, ma che rimane ancora, tuttavia, ad un allarmante 18,6%. Ma va ricordato, certo, che nel 2013 si era toccato il picco massimo, con un catastrofico 27,8%.

I principali sondaggi danno al centrodestra di Nuova Democrazia un vantaggio che va dai quattro ai dieci punti percentuali. Ma in Grecia, le rilevazioni demoscopiche si sono spesso rivelate alquanto imprecise.

La sinistra «a sinistra di Syriza» (Unione Popolare, Rotta di libertà, DiEM 25), non mostra di avere nessuna intenzione di firmare patti o accordi elettorali con il partito del premier, e lo accusa di non aver tenuto fede alle promesse iniziali. Anche se tutti sanno che continuare sulla via dello scontro frontale, avrebbe voluto significare l’esclusione obbligatoria dall’Euro.

Bisognerà vedere cosa sceglierà di fare l’area che si rifà all’ex partito socialista Pasok, confluito nel «Movimento del Cambiamento». Al momento, la maggior parte dei suoi dirigenti, sembra essere più interessata a una nuova alleanza con i conservatori, con cui ha governato, peraltro, sino al 2015. Ma il rischio è che – con una simile scelta – il centrosinistra ellenico possa arrivare anche ad estinguersi.