In Grecia arrivano ogni anno decine di migliaia di profughi provenienti soprattutto da Afghanistan, Iran, Iraq e negli ultimi anni dalla Siria. Nel 2014 ne sono stati fermati 77 mila, la maggioranza dei quali erano siriani. Una fuga dal terrore della guerra, un salto verso la terra della promessa da parte di migliaia di migranti che si imbarcano di nascosto ogni giorno su gommoni per attraversare quelle poche miglia nell’Egeo, ma che spesso, causa mare mosso, finiscono in naufragi e tragedie umane.

Il mar Egeo sarebbe paragonabile al canale di Sicilia, ma i profughi prima di attraversarlo non conoscono né l’uno né l’altro. Ma anche se lo sapessero dai loro compagni che sono partiti prima di loro, è talmente grande la voglia, quasi esasperata, di fuggire dalle guerre che nessun mare mosso e nessun un muro, come quello costruito lungo il fiume Evros, al confine greco-turco, dal governo di Samaras li potrebbe fermare.

Finora nessun governo greco ha applicato una politica di asilo. Perciò la Grecia ha la percentuale più bassa (sotto l’1% dei richiedenti asilo) alle statistiche europee. Come l’Italia respinge i profughi addirittura minorenni senza alcun presupposto giuridico in Grecia, e la Turchia verso l’Iran o la stessa Grecia, così Atene – ovvero la polizia e la guardia costiera – cerca di respingere violentemente le imbarcazioni dei profughi verso le coste turche, provocando spesso massacri e vittime umane.

Nel caso in cui i profughi si presentano alle autorità per chiedere asilo, di solito non hanno assistenza. Nella maggioranza dei casi vengono rinchiusi in campi di concentramento oppure in stazioni della polizia in condizioni disumane, e quando le guardine e i campi sono strapieni, alcuni di loro vengono rimpatriati oppure lasciati liberi con un foglio di espulsione (entro 30 giorni devono lasciare il territorio). Ecco perché arrivano in massa ai porti di Patrasso e di Igoumenitsa.

Denominatore comune della loro permanenza in tutti questi paesi: privazione della loro libertà, carcerazione in condizioni disumane, maltrattamento e torture. Poche, invece, sono le denunce rispetto alla violazione dei diritti umani da parte delle autorità, ancora meno le condanne degli agenti.

Non a caso Grecia e Italia sono state condannate dalla Corte europea dei diritti umani (l’ultima volta lo scorso novembre) per trattamenti inumani ed espulsioni collettive di migranti. Il governo di Alexis Tsipras vorrebbe esercitare una politica diversa nei confronti dei migranti: da una parte condizioni umane di permanenza nei campi, procedimenti rapidi per i richiedenti asilo, e dall’altra la modifica del Regolamento Dublino II.

In questo ambito, una settimana fa il ministro della Protezione del cittadino, Jannis Panoussis, ha annunciato la chiusura del campo di Amygdaleza (ogni giorno vengono liberate 30 persone), perché i profughi vivono in condizioni disumane per oltre sei mesi. Ieri, però, c’è stata polemica tra il governo e l’opposizione quando è stato reso noto che il capo della polizia ellenica ha rilasciato una circolare con «le nuove linee guida» a tutti i commissariati della polizia.

Secondo tale circolare i migranti arrestati che cercano di entrare clandestinamente in territorio ellenico non debbono essere trattenuti, ma lasciati liberi con un foglio di espulsione, dopo la loro identificazione, e quelli già detenuti nei «campi di accoglienza» devono essere rimessi in libertà.
Il ministro Panoussis, nel momento in cui il governo sta ancora studiando una nuova politica per l’immigrazione, ha reso noto di aver ordinato un’inchiesta per accertare chi abbia diffuso le nuove direttive senza consultarsi prima con le autorità governative, e ha lasciato intendere che si tratta di una provocazione da parte della Nea Dimokratia.

Secondo l’ opposizione, invece, il governo ha dovuto revocare la circolare a causa delle forti reazioni.