Domani sera la Grecia saprà se il governo di Alexis Tsipras otterrà il voto di fiducia dal parlamento di Atene, o dovrà dimettersi. La crisi è scoppiata domenica mattina, quando il partito nazionalista di destra di Anel dei Greci Indipendenti, ha deciso di ritirare il proprio appoggio al governo. O meglio, la decisione è stata presa dal leader di Anel e ministro della difesa Panos Kammenos. Ma almeno una ministra e un viceministro della stessa formazione, hanno già fatto sapere che intendono continuare a sostenere l’esecutivo di Tsipras.

Motivo dello scontro, continua ad essere l’accordo sul nuovo nome dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, che in base al compromesso raggiunto dovrà chiamarsi Macedonia del Nord. Compromesso firmato da Alexis Tsipras e dal primo ministro di Skopje Zoran Zaev, ma che non è mai stato accettato da Kammenos. Il quale cerca di intercettare parte del voto di chi ritiene che nessuno, oltre i greci, possa usare il nome Macedonia, neanche con una denominazione “diplomaticamente” composita.

Detto ciò, molti osservatori pensano che il governo di Syriza rimarrà in sella, perché al voto di alcuni deputati dei Greci Indipendenti potrebbe aggiungersi anche quello di almeno un esponente del piccolo partito centrista il Fiume e forse qualche nome della galassia socialista.

Sino ad oggi l’esecutivo di Atene ha potuto contare su una maggioranza di 153 deputati su 300 e se tutto dovesse andare come filtra nelle ultime ore, Tsipras dovrebbe riuscire ad aggiudicarsi almeno 151 voti di sostegno in parlamento.

Gli esponenti della Coalizione della Sinistra Radicale Ellenica e anche parte di quelli di Anel sanno bene che i mesi a venire potrebbero essere molto preziosi, per cercare di mettere in campo una più completa politica sociale, dopo le enormi limitazioni dei memorandum.

Andare al voto oggi, vorrebbe dire regalare, probabilmente, il paese al centrodestra di Nuova Democrazia, in vantaggio nei sondaggi. Un’opzione di compromesso potrebbe essere quella di far coincidere le elezioni politiche con quelle europee e amministrative, tra quattro mesi.

È vero che la maggioranza dei greci non sostiene l’accordo con Skopje. Ma sul piano sociale, il leader della sinistra ellenica è riuscito a scongiurare l’ultimo taglio delle pensioni ed ha già detto di voler aumentare gli aiuti per chi è in affitto ed ha un reddito basso, facilitare il pagamento delle cartelle esattoriali ed aumentare lo stipendio base.

Tutto questo, certo, richiede una maggioranza chiara, ed è per questo che Tsipras è voluto andare alla conta finale, anche se la Costituzione greca non lo obbligava a fare ricorso alla fiducia.

Se la maggioranza dovesse reggersi su un solo voto in più, le cose non saranno certo facili, ma l’esecutivo continuerebbe comunque a guidare il paese, cercando di allargare l’appoggio parlamentare, specie su leggi di particolare sensibilità sociale.

Il centrodestra, nel frattempo, accusa Syriza e Anel di aver organizzato una messa in scena politica, per cercare di soddisfare le esigenze dei rispettivi elettorati di riferimento. Secondo Kyriakos Mitsotakis, presidente dei conservatori di Nuova Democrazia, il governo sa bene di non rischiare di andare sotto in parlamento, ma alza comunque il livello dello scontro politico in previsione dei vari appuntamenti elettorali.

Tsipras, però, in questo momento è più interessato a parlare al centrosinistra, piuttosto che a rispondere alle critiche della destra. In una manifestazione organizzata al Palazzo della Musica di Atene, il leader di Syriza ha indirizzato un appello per la creazione «di un fronte vasto, democratico e progressista». Ad ascoltarlo erano presenti anche ex ministri ed esponenti dei socialisti del Pasok. In vista delle elezioni, insomma, i giocatori stanno rimescolando per bene le carte. E la partita, ovviamente, è ancora tutta aperta.