Ribadire il proprio «grande no» di fronte ad un accordo contraddittorio e «cattivo» da parte di Tsipras, conferma la determinazione e la coerenza del governo greco nel delineare la problematicità tutta politica della relazione con le «istituzioni». Del resto siamo arrivati a questo punto dopo parecchie proposte presentate da Atene, compreso il piano di 47 pagine cui i creditori internazionali hanno risposto con 4 pagine che – come ammesso da Atene – riportavano il dibattito indietro di un’epoca.

Il problema, per Ue, Bce e Fmi, è che speravano di avere a che fare con un fuoco di paglia, con l’abbaglio di un mattino, salvo poi ritrovarsi di fronte, magari spinto dagli «inviti» europei, un governo di Syriza con inserti socialdemocratici (Pasok) o centristi (come potrebbero essere quelli di Potami) più malleabile e meno agganciato a quanto proposto in campagna elettorale. Invece, se non bastasse la determinata linea e coerenza di Syriza (discussa e non senza tensioni interne, ma ad ora unitaria) in Grecia la popolazione sembra essere completamente d’accordo con il governo contro i continui inviti delle istituzioni a peggiorare la propria situazione.

Perché il paradosso è ben questo: chi ha portato il paese alla rovina, propone di aumentarne la sofferenza. Le parole di Tsipras di ieri, dopo l’incontro con il cancelliere austriaco Werner Faymann che ha espresso solidarietà alla Grecia- «la nostra proposta assicura che centreremo gli obiettivi di bilancio fissati dalle istituzioni per il 2015 e 2016» – sono riecheggiate anche a Roma.

«Chi pensa o sogna che Syriza si ritroverà spaccata, non ha fatto i conti con la realtà», ha specificato Christos Mantas, responsabile del gruppo parlamentare di Syriza, nel corso di una conferenza stampa al Senato in occasione della presentazione di due mozioni che arriveranno al Parlamento italiano.

Sono state proposte da Sel e dal senatore Francesco Campanella (primo firmatario del testo) in concomitanza con il dibattito parlamentare sul prossimo Consiglio europeo di fine giugno che sarà chiamato a dibattere anche sulla crisi di Atene.

«Invitiamo il governo ad assumere una posizione chiara perché finora è stato ambiguo se non reticente», ha detto la capogruppo dei senatori di Sel, Loredana De Petris. Il senatore Campanella, ex M5s, ha detto di «guardare con grande ammirazione lo sforzo che stanno facendo i greci» sostenendo che «il primo obiettivo del governo dovrebbe essere il benessere del popolo come sta facendo Tsipras in Grecia».

Hanno partecipato alla conferenza stampa – tra gli altri – Giulio Marcon, Peppe De Cristofaro di Sel, Raffaella Bolini di Cambia la Grecia cambia l’Europa e Fabrizio Bocchino del gruppo misto. All’evento hanno partecipato anche Eleonora Forenza, eurodeputata dell’Altra Europa con Tsipras e Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista.

A inizio conferenza è arrivato anche Stefano Fassina a manifestare una propria forma di solidarietà personale ad Atene («L’Europa pensa che il problema sia il malato, invece lo è la medicina», dirà a fine conferenza). Mantas invece ha tenuto banco con la capacità tipica degli esponenti di Syriza di spiegare una situazione la cui complessità è tutta politica.

L’accordo è presumibile che si possa trovare anche con le «istituzioni», ma a questo punto il problema è capire se davvero Ue, Bce e Fmi vogliono arrivarci. I piani del governo greco, ha ricordato Mantas, pur rispettando il mandato popolare che ha dato la vittoria elettorale a Syriza, erano aperti a compromessi giudicati accettabili dai politici greci. Ma alle istituzioni i sacrifici non bastano mai.

E quando non c’è un «no» diretto, sono stati mandati a negoziare funzionari senza avere il ruolo necessario a pareri vincolanti. Non solo, perché – come ha ricordato Mantas – il governo greco ha proposto anche tasse alle imprese, 12 per cento per profitti superiori a un milione di euro e taglio delle spese militari. Non è bastato: le istituzioni vogliono il taglio delle pensioni, «il grosso» delle pensioni. Si tratta di somme che – grazie agli accordi passati – hanno già perso il 50 per cento del proprio valore.

Concetti ripetuti ieri da Tsipras ma che non sembrano avere convinto la Banca centrale greca che in giornata per la prima volta ha paventato una «dolorosa» uscita da euro e Ue, in caso non si dovesse giungere ad un accordo. Dalla bocca del leone, invece, le consuete aperture a parole, cui non seguono i fatti. «Il tempo sta finendo, ma un accordo è ancora possibile», ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, alla vigilia di una riunione che sarà decisiva per le sorti della Grecia dei ministri delle Finanze dell’eurozona.