“Abbiamo portato a Milano la sinistra che vince”. Alexis Tsipras è appena sbarcato tra gli applausi davanti alla Statale di Milano. Arriva dalla Grecia il giorno dopo il voto delle amministrative. I risultati della sua Syriza visti dalla sinistra italiana sono stellari. Un sogno che fa quasi invidia ma che aiuta a sperare. Il fatto che proprio ieri il leader greco fosse qui per cercare di spingere i compagni italiani oltre la fatidica soglia del 4% la dice lunga sulla generosità di questo uomo di 39 anni. Nel pomeriggio è corso a Torino per un comizio di fronte a un migliaio di persone a Palazzo Nuovo. E ieri sera ha chiuso alla grande il suo tour in piazza Maggiore, a Bologna.
Se non ci fosse Tsipras la sinistra italiana dovrebbe inventarlo. Non è in grado di trovare in patria chi la può guidare oltre la crisi più profonda della sua storia, ma non poteva trovare nessuno migliore di Alexis per svecchiare un’immagine impolverata e dimenticare le faide interne e gli errori degli ultimi anni. Una dimensione internazionale che porta aria nuova in un ambiente che si è troppo spesso richiuso su se stesso. Ieri alla Statale erano in centinaia per ascoltarlo mentre in greco spiegava come si può e si deve ricominciare. A Torino e Bologna erano migliaia, anche se i media non vogliono farlo vedere. Il programma è chiaro. “Non siamo contro l’Europa, noi vogliamo cambiarla. Possiamo diventare la terza forza del continente, una vera alternativa alle larghe intese contro l’austerity, per un new deal europeo”. In Italia rappresenta la terza via tra Renzi e Grillo. “Il Pd come il Pasok in Grecia si è piegato alle politiche delle destre che ci stanno portando al disastro”. Quanto a Grillo, “siamo diversi perché noi vogliamo proporre un’alternativa reale e fattibile in Europa, vogliamo governare non solo denunciare le cose”.
Qui non c’è spazio per i fuochi d’artificio lisergici della campagna elettorale nostrana incagliata in strampalati riferimenti storici che riesumano a sproposito Hitler o Stalin. Si prova a ragionare ed a guardare avanti, si fanno i conti con la realtà ma senza dimenticarsi di restare umani: “Prima le persone”. E Tsipras è molto umano nel suo modo di porsi e di parlare. Niente sorrisi finti e strette di mano per la stampa, ma neppure trinariciuti tic della sinistra. In lui non c’è snobismo e neppure quel modo di atteggiarsi respingente che tanto nuoce alle buone idee di questa parte politica che è nel giusto eppure si è abituata a perdere. Tsipras invece vuole vincere, ma senza mutazioni genetiche alla Renzi. Giovane, non giovanilista. Almeno lui.
“Avercene…”, scuote la testa una signora guardandosi intorno. Siamo di fronte all’università eppure l’età media è ancora alta. Basta chiacchierare con gli studenti che indifferenti restano seduti sugli scalini della Statale per rendersi conto che raggiungere il 4% non sarà facile. “Tsipras chi?”, chiede un ragazzo, studia lettere e filosofia e dall’aspetto una volta sarebbe stato catalogato come elettore di sinistra. “Italiani e greci una faccia una razza – spiega Alexis – crisi, austerity, disoccupazione giovanile, corruzione, larghe intese tra vecchi partiti che fanno finta di apparire nuovi”. In Grecia però la sinistra vince mentre qui lotta per non scomparire. Perché? Tsipras non può rispondere, può solo essere qui. “La risposta spetta a noi”, riflette un giovane politico di Sel. Mentre un acuto movimentista milanese prova ad essere ottimista anche in caso di sconfitta. “It’s a win win situation: come va, ci va bene. Se passiamo il 4% ha vinto Tsipras e noi con lui, altrimenti vorrà dire che ha perso la vecchia sinistra che non ci piace”. Tsipras chiude il pugno e saluta in italiano: “Votiamo per cambiare l’Euorpa. Votiamo per la nostra vita”.