Alexis Tsipras è un europeista. Non di quelli tutti retorica e finanziamenti: è un europeista vero, di quelli che ci credono. Lo si è visto nella sua lunga intervista alla tv pubblica Ert lunedì sera. I giornalisti gli avevano chiesto perché ha lasciato che la Grecia rimanesse fuori dal programma di “salvataggio” che scadeva ieri, in modo che la Bce non potesse stendere la sua copertura (Ela) sulle banche greche. Da qui lo sgradevole provvedimento di chiudere le banche per evitare il bank run. La risposta del premier greco è stata una testimonianza di europeismo: «Non me lo aspettavo – ha ammesso Tsipras – il prolungamento era stato sempre concesso, non immaginavo che lo negassero per una settimana». In altre parole, Tsipras ha ammesso di non essersi aspettato l’atto di guerra annunciato sabato scorso con sorrisetto odioso da Diijsselbloem e finalizzato a far spargere la paura tra i greci e condizionare l’esito del referendum.
Un’operazione che ha avuto un certo successo: se prima della chiusura delle banche la vittoria del no era scontata, ora le cose sono cambiate. Una parte non trascurabile dell’opinione pubblica si è fatta condizionare: dalle emittenti oligarchiche che non perdono occasione di annunciare catastrofi cosmiche, dalla retorica su presunti grexit che rimbalza tra Atene e le capitali europee, ma anche dalla incertezza reale riguardante i rapporti tra la Grecia e l’Europa.
Tsipras non se lo aspettava perché pensa che l’Ue sia un’Unione di paesi di pari dignità, la patria della democrazia e dei diritti dell’uomo. Ma ora sembra abbia decisamente realizzato che l’Ue, e in particolare l’eurozona, sono il terreno di caccia di mostri finanziari, che hanno anche imposto una loro «Costituzione materiale». Non è ammissibile contestarla. Per questo è stato alzato un muro di intransigenza e menzogne: «Greci dite di sì a qualsiasi proposta venga dai creditori», è stata l’esortazione di Junker. Tsipras potrebbe pigiare l’acceleratore della crisi dentro l’eurozona, minacciando apertamente di farla esplodere con tutti i filistei. Puntando, per esempio, sul fatto che la Bce e l’Ue sono i garanti del debito greco di fronte al Fmi. Debito greco che non sarà pagato nei prossimi mesi. Ma non lo fa perché è un europeista. Piuttosto che sparare, ha pensato bene di rilanciare la sua proposta di compromesso, pronto, sempre e in qualsiasi momento, a firmare un «accordo sostenibile» per dare indicazioni ai suoi elettori di votare domenica «sì».
La giornata tumultuosa di ieri ha segnato un punto in favore degli sforzi europeisti di Tsipras. Tra conferme e smentite, proposte più o meno attendibili da parte di Juncker e un acceso attivismo da parte di tutti, del gruppo socialista a Strasburgo, del Presidente cipriota, del ministro francese e di quello irlandese (perfino di Renzi che ha concesso una lunga intervista al Sole 24 Ore, perdendo una splendida occasione di tacere) alla fine si è arrivati alla riunione dell’eurogruppo ieri sera, ancora in corso mentre scriviamo. Egualmente importante è anche la decisione di Atene di risolvere i suoi problemi di liquidità ricorrendo al Mse, il meccanismo di stabilità instaurato alcuni anni fa. In sostanza, si tenta di aggirare le difficoltà create dal dominio di Schauble dentro l’eurogruppo, per instaurare le nuove misure su un piano completamente nuovo. In altre parole, né no né sì ma una terza proposta, ancora tutta da negoziare. Con il vantaggio che ai negoziati non parteciperà il Fmi.