Pronto a una stretta collaborazione con Renzi per far fronte all’aumento dei flussi migratori nel sud Europa, Alexis Tsipras dichiara di voler mettere la questione sul tavolo dei partner europei nel prossimo summit: 2,5 milioni di migranti, secondo fondi governative ad Atene, stanno aspettando sulle coste turche per passare in territorio Ue. L’obiettivo di Tsipras sarebbe quello di ottenere una ripartizione equa dei rifugiati in tutti i paesi europei.

Germania, Svezia e Norvegia si sono impegnate a offrire asilo e permessi di soggiorno ai siriani, mentre l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha proposto all’Ue un progetto pilota di un anno per ricollocare i rifugiati siriani dal sud al nord, anche se da parte sua la Commissione europea non sarebbe ancora pronta a soluzioni immediate.

Il commissario alle migrazioni, Dimitris Avramopoulos, ex ministro di Nea Dimokratia e candidato fino all’ultimo alla presidenza della repubblica greca, aveva detto recentemente al Forum europeo sulle migrazioni, che «la Commissione sta discutendo con gli stati membri su come assicurare una distribuzione più bilanciata». Secondo fonti governative, ad Atene sono già cominciati colloqui a livello tecnico con Italia, Spagna e Cipro per presentare un dossier di proposte alla Commissione europea.

Il tempo però stringe e la Grecia si aspetta un aumento vertiginoso dei rifugiati. «Nei prossimi mesi arriveranno in 100mila», afferma il vice-ministro alle politiche migratorie Tassia Christodoulopoulou, da anni impegnata nella lotta anti-razzista, che in questi giorni sta incontrando tutte le amministrazioni interessate. Il governo greco ha elaborato un piano di assistenza che prevede il trasferimento immediato dei migranti che arrivano nelle isole dell’Egeo al Pireo e da lì in tutto il territorio ellenico, con strutture pronte a raccogliere i rifugiati. Il progetto prevede da una parte la trasformazione di edifici pubblici, alberghi e caserme abbandonate in centri di accoglienza, dall’altra la cooperazione degli enti locali. In questi centri, si svolgerà un primo esame di ogni singolo caso di richiedente asilo, dando priorità ai siriani che potranno ottenere permessi di soggiorno temporanei. «Ci saranno procedure fast-track in modo che i rifugiati possano arrivare nei paesi che desiderano» ha detto il ministro degli interni, Nikos Voutsis, sottolineando la necessità di applicare una nuova strategia a livello europeo.

Tutto però rischia di rimanere lettera morta. Le casse dello stato sono quasi vuote e le amministrazioni locali non sarebbero disposte a dare ospitalità ai rifugiati. I problemi sono ancora una volta legati alla gestione di queste strutture di accoglienza.

«Lo stato ha a disposizione i mezzi, il potenziale umano e le risorse finanziarie per affrontare il problema dei migranti. Noi non siamo in grado di gestirlo, né di tagliare le risorse dagli asilo nido e dai centri per gli anziani» dice il presidente dell’ Associazione dei comuni ellenici, Jorgos Patoulis. Insieme a Patoulis la maggioranza dei sindaci, non a torto, sostengono di non aver soldi sufficienti in cassa.

Il sindaco di Atene, Jorgos Kaminis, invece, che poche settimane fa aveva denunciato la mancanza di spazi e pasti per i rifugiati che venivano rilasciati dal campo di Amygdaleza, ora afferma che «nel momento in cui chiediamo solidarietà agli altri paesi europei bisogna dimostrare che ci sia solidarietà anche all’interno del paese». Il governo, inoltre, deve fare i conti con l’opposizione, che accusa Syriza di voler trasformare la Grecia in un’«enorme campo di stranieri». «Il governo in tre mesi, grazie alla sua politica dei confini aperti, è riuscito a moltiplicare il numero dei clandestini che entrano nel nostro paese» ha detto l’ex ministro della marina mercantile Miltiadis Varvitsiotis, noto per le sue posizioni xenofobe.

Nea Dimokratia e Pasok sventolano la bandiera della sicurezza dei greci, «minacciati dalle ondate di extracomunitari che rischiano di deformare l’identità nazionale». Senza tener conto che sono stati proprio loro, conservatori e socialisti, con la loro politica dei respingimenti collettivi, fuori dalle convenzioni sui diritti umani, a far condannare la Grecia da tribunali e Ong, facendola diventare il buco nero delle politiche migratorie europee.
Gli scioperi della fame, le testimonianze, le denunce e le proteste dei profughi nei centri di detenzione per le condizioni disumane in cui vivono per mesi, dall’ isola di Kos fino a Paranesti sui monti della Macedonia orientale, da Lesbos fino a Patrasso, dimostrano che i governi precedenti non hanno voluto affrontare il problema dei flussi migratori. O meglio lo hanno affrontato costruendo il «muro della vergogna» a Evros, al confine greco-turco, e campi di detenzione ancora peggiori delle prigioni – i migranti sono rinchiusi senza una sentenza, a tempo indeterminato -, oppure addestrando uomini della guardia costiera che elogiano il fascismo oppure ancora avviando vaste operazioni di polizia in cui si effettuavano continui controlli dei documenti d’identità dei cittadini stranieri residenti nel paese (l’operazione «Xenios Zeus», Giove straniero).

Agli extracomunitari, insomma, lo stato greco ha mostrato per anni la faccia feroce, concedendo ben poca solidarietà verso le persone più deboli, provenienti di solito da zone di guerra. «Dobbiamo accogliere i rifugiati che arrivano nel nostro paese rispettando i loro diritti e le convenzioni internazionali e europee» sottolinea Christodoulopoulou. Ma come si fa senza soldi e in un’ ambiente a Bruxelles tutto sommato ostile?