Vale la pena ricapitolare gli eventi che in questo vorticoso agosto hanno rivelato a un America attonita la pericolosità dell’uomo insediato alla Casa bianca.

UNA VIOLENTA INSURREZIONE nazifascista a Charlottesville, Virginia, è iniziata con una fiaccolata coreografata per massimo effetto kristallnacht.

La marcia con le torce e gli slogan contro ebrei e afroamericani era calcolata anche per rievocare i linciaggi (oltre 4.000 a partire da fine ‘800) e rimestare dunque nel terrore dei neri del sud e delle minoranze etniche, rovistare nell’inconscio inquieto di una nazione che si ritrova allo sbando.

La violenta conflagrazione che vi ha fatto seguito ha rappresentato la riapertura delle ostilità di una ideale nuova guerra di secessione – quella che i suprematisti immaginano come prodromo di una nazione etno-nazionalista ariana.

COSÌ LE FARNETICAZIONI di una destra risorgente sono uscite dalle pagine internet e hanno preso forma concreta sulle strade insanguinate d’America. Ma la differenza l’ha fatta Donald Trump la cui reazione ha trascinato il paese sull’orlo di un abisso vertiginoso.

Sulla polveriera razziale di una nazione che stenta ancora a elaborare il genocidio e lo schiavismo delle proprie origini, il presidente degli Stati uniti ha acceso la miccia e sparso benzina. Trump si è prima rifiutato di condannare la sommossa e l’uccisione di Heather Heyer.

Quando ha parlato, con 48 ore di ritardo, ha condannato «entrambe le parti». Di fronte al biasimo universale, compreso quello di un gran numero di esponenti della destra repubblicana, è tornato davanti alle telecamere per leggere una censura dei nazisti contenuta in un comunicato redatto dall’ufficio stampa.
La dichiarazione di circostanza è parsa da subito palesemente insincera e forzata e di fatto il presidente ha indetto una ulteriore conferenza stampa, un «briefing» di ferragosto degenerato in bagarre fra l’uomo più potente del mondo ed i giornalisti che increduli gli chiedevano conto delle esplicitate simpatie per l’estremismo suprematista.

TRUMP È TORNATO sulle posizioni originali dell’equivalenza morale fra Alt-right, i cui teorici come Steve Bannon ha insediato alle massime cariche del governo, e gli antirazzisti.
Fra chi teorizza apertamente la «rimozione» delle razze inferiori e che si oppone all’ideologia dell’odio, riservando per questi ultimi il vero sdegno, e inventando la definizione di Alt-left.
Uno spettacolo indegno che ha non ha lasciato più dubbi su chi sia davvero alla guida della superpotenza occidentale.
La prospettiva di una «nuova guerra civile» non è dunque più solo un semplice titolo a effetto – gli esperti interrogati nell’indagine del New Yorker la mettono al 35% come concreta possibilità.

DAL CANTO SUO LA DESTRA «neoconfederata» ne evoca apertamente i fantasmi. Non è una caso che il pretesto sia uno scontro sui monumenti ai militari sudisti che molti stati e città stanno ora rimuovendo – decisione contro cui Trump si è scagliato.
Si è insomma completato in questo fosco ferragosto, il cortocircuito storico fra trumpismo ed i passati fascismi americani.

NEGLI ANNI ’20 E ’30 le manifestazioni filo naziste (o a favore del KKK come quella del ’27 in cui era stato arrestato nientemeno che il padre dello stesso Trump) erano giunte a radunare decine di migliaia di persone, ma furono contrastate da centinaia di migliaia di progressisti e nello finì per prevalere infine l’America roosveltiana.
Ora quella pratica sembra incredibilmente e plausibilmente riaperta e stavolta i reazionari hanno un loro uomo alla Casa bianca.
Gli eventi di questa settimana dimostrano che nel calcolo di Trump l’importanza dell’ala suprematista che lo ha sostenuto pesa più di tutto. La coalizione trumpista è sempre stata la scomoda convivenza della fazione global-liberista dei conservatori tradizionali con le frange nazional populiste.

LA PRESA DI POSIZIONE di Trump a favore di queste ultime (non casuale la dissoluzione ieri del consiglio sull’economia dei direttori di azienda) porta ora la destra ed il paese verso l’incognito
L’America nel 2017 è ora costretta davvero a constatare la vera natura del proprio presidente.

E di un potenziale tossico destinato a non essere contenuto nei confini americani.

Accanto alle possibili guerre che rimangono pure un imprevedibile e concreta minaccia di questa amministrazione, l’aperto sostegno di Trump ai movimenti sovranisti e identitari nell’attuale frangente storico costituisce un pericolo imminente e concreto anche per l’Europa.