Giovedì la Casa bianca ha annunciato la sospensione a tempo indeterminato di tutti gli aiuti economici all’esercito pachistano. Una misura drastica minacciata all’inizio dell’anno con l’«ora basta» twittato il primo gennaio dal presidente Trump, come estrema ratio di fronte alle accuse di inadempienza contro Islamabad.

Illustrando l’iniziativa in una conferenza stampa, la portavoce del dipartimento di Stato Nauert ha spiegato: «Sono passati oltre quattro mesi dal discorso del presidente [sulle nuove politiche Usa per l’Asia Meridionale, ndr] e nonostante un coinvolgimento ai più alti livelli di questa amministrazione con il governo del Pakistan, i Talebani e l’Haqqani Network continuano a trovare rifugio all’interno del Pakistan, mentre complottano per destabilizzare l’Afghanistan e attaccare personale statunitense e i nostri alleati».

Secondo Reuters, la cifra supererebbe i 900 milioni di dollari di «coalition support funds» stanziati dal Congresso Usa per l’anno fiscale 2017: soldi che Washington rimborsa al Pakistan per le operazioni antiterrorismo, ma che Islamabad non aveva ancora ricevuto.

A questi, si dovranno aggiungere i 255 milioni di «foreign military funds» – denaro che il Pakistan era vincolato a utilizzare per acquistare armamenti dagli Usa – già bloccati nei giorni scorsi, più altri fondi «non quantificati» destinati al medesimo uso. In tutto, la cifra dovrebbe superare i 1,3 miliardi di dollari.

La Casa bianca ha aggiunto che nulla cambierà per i fondi «a scopo umanitario» e che i rubinetti verranno riaperti quando Islamabad «si occuperà dei terroristi all’interno del proprio territorio».

Mentre scriviamo, le autorità del Pakistan pare stiano prendendo tempo. Il ministro degli esteri Khawaja Asif ha accusato gli Usa di «parlare la lingua dell’India»: «Il Pakistan vuole risolvere la questione attraverso i negoziati e la pazienza del paese non dovrebbe essere interpretata come un segno di debolezza. Gli Stati uniti stanno facendo del Pakistan il capro espiatorio del loro fallimento in Afghanistan».

Un comunicato del ministero degli esteri pachistano diramato ieri sera sottolinea come il Pakistan «negli ultimi 15 anni abbia combattuto la guerra al terrorismo attingendo largamente dalle proprie risorse, per un costo che supera i 120 miliardi di dollari». Attività che, per Islamabad, avrebbero «ripulito tutte le aree interessate dal conflitto [al confine con l’Afghanistan, ndr]», a differenza dei territori sotto la responsabilità di Kabul, descritti nel comunicato come «vaste aree non regolate».

Il Comitato per la Sicurezza Nazionale, scrive Express Tribune, si riunirà nuovamente la prossima settimana, consultandosi anche con le autorità della difesa, per delineare quale strategia adottare.

Le conseguenze dell’iniziativa di Trump potrebbero rivoluzionarie l’assetto geostrategico dell’area, mettendo anche a repentaglio le operazioni militari Usa in Afghanistan, che coinvolgono più di 14mila soldati sul campo fortemente dipendenti dalle infrastrutture e la logistica pachistana, che a questo punto Islamabad potrebbe decidere di bloccare. Senza contare il supporto logistico militare, in particolare per gli attacchi dei droni, fornito interamente dall’esercito pachistano.

La rottura dei rapporti tra Usa e Pakistan potrebbe rivelarsi un’ottima notizia per New Delhi, che da anni fa pressioni su Washington in questo senso, ma aprirebbe scenari inediti: Islamabad, perdendo lo sponsor Usa – che di fatto la tiene nel giro degli alleati non-Nato – non avrebbe altra scelta che buttarsi tra le braccia, già spalancate, di Russia e Cina.