Donald Trump colpisce ancora. Ieri ha invitato la Russia a trovare e pubblicare le mail di Hillary Clinton quando era segretaria di stato e pubblicarle. «Russia, se stai ascoltando, spero che tu sia in grado di trovare le 30 mila email sparite riguardanti i server privati di Hillary Clinton»; è quanto ha detto Donald Trump in una conferenza stampa, ironizzando sulla cancellazione di migliaia di email ritenute private da Hillary prima di consegnare quelle «istituzionali all’Fbi nell’ambito dell’indagine su quello che è stato definito «Emailgate».

Non solo perché nel corso della conferenza stampa ha anche detto che «Barack Obama è il presidente più ignorante della nostra storia».

Secondo alcuni osservatori l’uscita su Hillary, invece, potrebbe non piacere neanche ai repubblicani, probabilmente scettici sulla possibilità di chiedere proprio a Putin di pescare le mail dell’allora segretaria di stato, ma la forza di Trump, dall’altro lato, è proprio questa: quella di giocare sempre sul filo, la sua irruenza venduta come «genuina». Un fattore che rischia di non piacere all’establishment ma agli elettori. Non a caso le prime reazioni del partito non sono state positive: «La Russia è una minaccia globale guidata da un mascalzone subdolo. Putin dovrebbe stare fuori da queste elezioni» è stata la dichiarazione di Brendan Buck, portavoce del repubblicano Paul Ryan, speaker della Camera. Un altro messaggio, dopo quello del candidato repubblicano alla vicepresidenza Mike Pence, poco in sintonia con quello di Donald Trump nella vicenda dell’hackeraggio delle email del partito democratico.

«The Donald» non si è limitato: «Non dirò a Putin cosa fare. Perché dovrei dire a Putin cosa fare?»: ha anche detto rifiutandosi di chiedere al presidente russo di non interferire nelle elezioni americane, anche perché, ha sottolineato, «probabilmente non c’è la Russia» dietro all’hackeraggio delle email del partito democratico. Se ci fosse la Russia, o qualsiasi governo straniero, ha sottolineato, a suo avviso questo dimostrerebbe semplicemente «quanto poco rispetto hanno altre nazioni per l’attuale amministrazione».