Sono giorni decisivi per le strategie del governo israeliano. ‎Benyamin Netanyahu è riuscito, dopo dieci anni, a trovare ‎un’Amministrazione Usa pronta ad adottare in pieno la narrazione ‎israeliana del quadro mediorientale e a disconoscere il diritto ‎all’autodeterminazione per i palestinesi. Donald Trump ieri è uscito ‎dall’accordo sul nucleare con l’Iran e ha imposto di nuovo pesanti ‎sanzioni contro Tehran. E lunedì prossimo, dando seguito al ‎riconoscimento che ha fatto lo scorso 6 dicembre di Gerusalemme ‎come capitale dello Stato ebraico, regalerà al premier israeliano il ‎tanto desiderato trasferimento dell’ambasciata americana da Tel ‎Aviv alla città santa. Resta incerta la presenza del presidente Usa ‎alla cerimonia di inaugurazione della sede diplomatica prevista il ‎pomeriggio del 14 maggio ma i preparativi vanno avanti senza ‎sosta. In un prima fase l’ambasciata Usa si trasferirà solo in minima ‎parte a Gerusalemme. Saranno messi a disposizione ‎dell’ambasciatore David Friedman, un amico dichiarato dal ‎movimento dei coloni israeliani e della destra estrema, alcuni locali ‎nel consolato americano ad Arnona, nella zona sud-est occupata di ‎Gerusalemme.‎

‎ Alla cerimonia di inaugurazione saranno presenti centinaia di ‎rappresentanti americani, tra i quali parlamentari, esponenti politici, ‎uomini d’affari, il Segretario al tesoro Steven Mnuchin, la figlia del ‎presidente Ivanka Trump e il marito e inviato Usa per il Medio ‎Oriente Jared Kushner. Nella lista dei presenti diffusa ‎dell’ambasciata americana manca proprio Trump ma le voci dicono ‎che il presidente Usa potrebbe arrivare all’ultimo momento facendo ‎a Netanyahu un altro regalo, la sua presenza nel 70esimo ‎anniversario della fondazione dello Stato di Israele. Da parte ‎israeliana oltre a Netanyahu e al capo dello stato Reuven Rivlin ci ‎saranno ministri e deputati, della maggioranza e dell’opposizione , ‎ad eccezione di quelli della Lista araba unita che contestano il passo ‎fatto da Trump. Tra i più attivi in questi giorni c’è il sindaco ‎israeliano di Gerusalemme che, tra le altre cose, lunedì si è fatto ‎fotografare mentre attacca i cartelli stradali con le indicazioni per ‎l’ambasciata Usa ad Arnona. Flebili proteste si sono levate da settori ‎marginali della società israeliana, da qualche attivista anti-sionista e ‎dal movimento “Peace Now” che esorta a proclamare Gerusalemme ‎capitale anche di uno Stato palestinese.

‎ Proprio i palestinesi non hanno alcuna intenzione di restare a ‎guardare i festeggiamenti di Usa e Israele. Sono annunciate per ‎lunedì manifestazioni e proteste popolari in tutta la Cisgiordania e a ‎Gerusalemme est. Il segretario generale dell’Olp, Saeb Erekat, ha ‎ammonito i rappresentanti diplomatici dei vari Paesi dal violare il ‎diritto internazionale dando appoggio – con la presenza di loro ‎rappresentanti alla cerimonia di lunedì a Gerusalemme – al ‎riconoscimento fatto da Trump. L’Ue non ci sarà ma crea imbarazzo ‎la posizione della premier rumena Viorica Dancila a favore del ‎trasferimento dell’ambasciata che però incontra l’opposizione del ‎capo dello stato Iohannis. In casa palestinese tuttavia sanno che il ‎muro della fermezza si sta poco alla volta sgretolando – Netanyahu ‎parla di una mezza dozzina di Paesi pronti a portare la propria ‎ambasciata a Gerusalemme – e non è passato inosservato il silenzio ‎di re Abdallah di Giordania. Secondo la stampa israeliana avrebbe ‎chinato la testa di fronte al passo di Trump in cambio ‎dell’assicurazione americana che la Giordania continuerà ad essere ‎la “custode” della Spianata della moschee. Il presidente Abu Mazen ‎durante un incontro con il leader venezuelano Nicolas Maduro a ‎Caracas ha espresso l’auspicio che i Paesi del centro e del sud ‎America non seguiranno la strada degli Usa ma il Guatemala ha già ‎annunciato che sposterà la sua sede diplomatica a Gerusalemme ‎entro la fine di maggio. E il Paraguay dovrebbe fare altrettanto. Il ‎ministro degli esteri di Asuncion, Eladio Loizaga, ha confermato ‎che sono state intraprese delle iniziative per trasferire l’ambasciata e ‎il presidente Cartes potrebbe assistere all’inaugurazione della nuova ‎sede diplomatica il 21 o 22 maggio. ‎

‎ A Gaza i palestinesi si preparano a contestare in massa il ‎trasferimento dell’ambasciata Usa. Lunedì mentre a Gerusalemme si ‎svolgerà la cerimonia con israeliani e americani, a Gaza decine di ‎migliaia di persone scenderanno in strada a manifestare contro ‎Washington, anche nella fascia orientale a ridosso delle linee di ‎demarcazione con Israele. Lì il giorno successivo, 15 maggio, sono ‎attese altre migliaia di dimostranti della “Grande Marcia del ‎Ritorno” che, forse, tenteranno di superare le barriere di separazione ‎per marcare il 70esimo anniversario della Nakba palestinese