John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, è atterrato ieri a Mosca. Il protocollo prevedeva solo un incontro con il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, ma a sorpresa l’ultraconservatore funzionario della Casa Bianca è stato invitato da Vladimir Putin al Cremlino. Si è trattato del segnale che l’atteso incontro Putin-Trump si terrà proprio in occasione del tour del presidente americano in Europa alla metà di luglio.

IN SERATA è arrivata la conferma da Yurii Ushakov addetto al protocollo e alla sicurezza del presidente russo. Sono stati definiti anche luogo e data del meeting, che però verranno svelati solo domani.

Secondo le ultime indiscrezioni i due leader si dovrebbero incontrare a Vienna o a Helsinki. L’Ipotesi che si svolga in quest’ultima capitale ha preso consistenza negli ultimi giorni per due ordini di motivi. Il primo è la data dell’incontro: sarà quasi sicuramente il 15 luglio visto che in precedenza Trump sarà impegnato nel vertice Nato e poi in due visite a Roma e Londra. Questa soluzione non entusiasma Putin visto che quel giorno è la data della finale dei mondiali di calcio a Mosca a cui non può non partecipare (hanno confermato la loro presenza anche Abu Mazen e Netanyahu, i quali proprio nella capitale russa potrebbero riprendere un dialogo da tempo interrotto). E quindi avrebbe chiesto la location più vicina alla capitale russa in modo da poter raggiungere comodamente lo stadio Luzhniki entro sera. La seconda, la più importante politicamente, è che in quell’occasione i due presidenti potrebbero arrivare a un accordo sul controllo delle armi atomiche e i missili. La location, in tal caso, avrebbe un significato simbolico straordinario dato che già nel 1975 e nel 1992 la capitale finlandese è stata il palcoscenico della firma di accordi di portata storica. Che qualcosa di grosso bolla in pentola è stato confermato da Heiko Mass, il ministro degli esteri tedesco, il quale ha affermato che «nell’incontro tra Putin e Trump non sono da escludere sulla questioni delle armi risultati sorprendenti».

IPOTESI che sta nelle corde di un uomo pratico come Putin: già in occasione della telefonata con il presidente americano del marzo scorso aveva tenuto a precisare di «essere d’accordo per l’incontro solo se producesse risultati concreti». Niente manfrine dunque. E il menu dell’incontro del resto è molto ricco come ha svelato Ushakov: «Si parlerà anche di Siria, Ucraina, Iran e Coree».

PERÒ LE COSE non sono così semplici. In primo luogo per il lavoro ai fianchi che – secondo gli analisti del Cremlino – l’opposizione democratica starebbe facendo su Trump in prospettiva delle elezioni di medio termine e che punterebbe a boicottare qualsiasi intesa Russia-Usa. Putin lo ha dichiarato esplicitamente nell’incontro di ieri. «Le devo dire con rammarico, che le relazioni russo-americane non sono nel loro momento migliore. E le ripeto quello che ho già detto pubblicamente più di una volta: penso ciò sia in gran parte la conseguenza di una lotta politica interna negli Usa molto acuta» ha detto Putin rivolgendosi al funzionario Usa. Ha chiesto quindi al suo interlocutore «di cercare che strade perché tali ostacoli vengano rimossi».

IL TEMA dell’Ucraina ha portato via buona parte del tempo dell’incontro. Le posizioni per il momento restano lontane. Putin avrebbe invitato gli Usa a entrare a far parte del «Formato Normandia» in modo da «rimuovere gli ostacoli al dialogo» ma Washington non sembra propensa per il momento a farsi risucchiare in una trattativa sul Donbass.

NELL’INCONTRO si sarebbe sarebbe toccato il tema della pipeline russo-tedesca North Stream 2, boicottata dalla Casa bianca. Putin avrebbe chiesto al governo americano di cessare le pressioni sul governo norvegese perché si opponga al passaggio del gasdotto nelle proprie acquee territoriali. «North Stream 2 si farà comunque» avrebbe mandato a dire a Donald Trump il presidente russo.