«La prima carovana migrante centroamericana del 2020 non esiste più» dice il giornalista guatemalteco Asier Vera. Dopo aver passato il confine tra Guatemala e Messico sorprendendo la Guardia Nazionale, le migliaia di persone in marcia verso gli Usa «sono state fermate, con manganelli e scudi, a pochi chilometri da Tapachula da forze di sicurezza messicane».

«LA CAROVANA è stata smantellata e ora tutti saranno cacciati» aggiunge Vera, che si era aggregato alla marcia. E così, in una settimana, il governo di Andres Manuel López Obrador ha disposto il rimpatrio di 2303 cittadini dell’Honduras che erano parte della carovana. Sono stati usati 10 voli e 34 autobus. Per non rallentare le pratiche d’espulsione la polizia migratoria ha vietato l’ingresso ad associazioni e centri dei diritti umani nei centri di detenzione ed espulsione. Ma Asier Vera ricorda che i coyotes continuano a portare in Messico centinaia di persone per centinaia di dollari. Migranti che poi solitari e illegali attraversano il paese tra violenza e insicurezza.

 

Migranti intercettati nei pressi di Ciudad Hidalgo, Messico (Ap)

 

La zelante proverbia messicana incontra i plausi Usa. Il direttore ad interim della Protezione doganale e delle Frontiere degli Stati uniti, Mark Morgan, ha pubblicamente elogiato le azioni della Guardia nazionale oltre che dell’Istituto nazionale per le migrazioni del Messico, per lo smantellamento della carovana di migranti che voleva attraversare il paese per raggiungere gli Stati uniti. «Mi congratulo con le forze nazionali per aver fermato professionalmente e umanamente la carovana dei migranti e rimpatriato in modo efficiente quelli determinati a raggiungere gli Stati uniti», ha detto Morgan in un messaggio sul suo account Twitter. Donald Trump, in piena campagna elettorale dice «con tutto il rispetto del Messico, ci piace molto il Messico – e andiamo molto d’accordo con loro e con il presidente, che è mio amico, – penso stia facendo un lavoro fantastico in una situazione difficile, in effetti il Messico, sta pagando per il muro».

DOPO LE MINACCE USA di imporre dazi doganali al Messico se questo non si fosse «impegnato» a fermare i flussi migratori, il governo di López Obrador ha schierato tra confine nord e sud 26 mila effettivi della Guardia nazionale per fare il “lavoro sporco” che Trump voleva. Sulle reti sociali gira una vignetta con rappresentata un’ombra bicefala, che in alto ha le sembianze di un messicano che appoggia i gomiti a un muro e guarda al di là, in basso invece la forma diventa quella di un agente della Guardia nazionale che tiene in mano un manganello.

Ma non bastano le minacce, i rimpatri e una carovana smantellata per fermare il sogno americano di chi scappa dalle macerie del neoliberismo. Per ieri era previsto l’arrivo, in zona Rio Suchate, di una nuova carovana, stavolta partita dal Salvador, chiamata «Carovana del Diavolo». E venerdì mattina circa 500 persone si sono date appuntamento via social alla stazione dei bus di San Pedro Sula, ancora in Honduras, per mettersi in marcia.

NON MANCA CHI EVIDENZIA la sincronia tra carovane migranti centroamericane e scadenze elettorali Usa, da quando Trump siede alla Casa bianca. Nel 2018 l’ondata arrivò nei giorni delle elezioni di midterm, oggi arriva tra il processo d’impeachment e le presidenziali 2020.