Ad aspettare Trump a Washington c’è un mucchio di problemi, pregressi e non, endogeni e non, che lui ha scelto di affrontare tramite il suo media preferito, Twitter.

Il più macroscopico arriva dall’Europa che ha appena lasciato, da dove la Germania ha fatto sapere a Trump ed al mondo che la leadership americana in Europa è finita e che il potere degli Stati Uniti nell’atlante geopolitico è ridimensionato.

Già pochi giorni fa, a margine del vertice della Nato a Bruxelles, Trump aveva detto che «i tedeschi sono cattivi, molto cattivi», stando alle rivelazioni di Der Spiegel online, anche se poco dopo aveva fatto precisare ai suoi consiglieri che il giudizio negativo era limitato agli scambi commerciali.

Non era però una frase senza importanza, visto che in un tweet mattiniero the Donald l’ha ribadito: «Abbiamo un deficit commerciale enorme con la Germania, inoltre paga molto meno di quanto dovrebbe alla Nato e in spese militari. Terribile per gli Stati Uniti. Questo cambierà».

In pratica una risposta al discorso di Monaco di Angela Merkel, abile a sfruttare la retorica aggressiva e tutti gli errori diplomatici e sostanziali di Trump per rilanciare sia la leadership tedesca in Europa che la propria campagna elettorale. E il tweet di Trump arriva un po’ come a dire: «Prima di ridimensionare la mia leadership paga i debiti».

Le affermazioni tedesche devono essere suonate davvero insopportabili per Trump tenendo presente l’accoglienza trionfale che Berlino ha riservato ad Obama negli stessi giorni del suo viaggio oltre mare, l’odiato Obama di cui cancellerebbe anche il nome visto l’accanimento che ha verso ogni mossa intrapresa dal suo precedessore negli otto anni di mandato.

A partire dall’Obamacare a cui si è riferito, sempre tramite Twitter, esortando il senato a cancellarla al più presto, votando compatti come di certo farebbero i democratici se fossero nella loro posizione.

Non ne ha twittato, ma un’altra mossa che pare sia nei piani di Trump è quella di rovesciare le politiche americane su Cuba, una inversione di rotta, così come riportato dal Daily Caller che cita un gruppo anti embargo e John Kavulich, del Us-Cuba Trade and Economic Council: «L’amministrazione Trump è pronta fin da febbraio ad annunciare cambiamenti, ma sono intervenute altre cose non legate a Cuba».

In attesa di un annuncio ufficiale di questa svolta Trump si sta occupando di un altro cambiamento annunciato, l’aggiustamento di rotta del suo team, anche questo nell’aria (è da settimane che si parla di un licenziamento del portavoce Spicer) ma di cui ora si vedono degli effetti. Mike Dubke, capo della comunicazione della Casa Bianca, in carica da tre mesi, si è spontaneamente dimesso.

In un messaggio ai colleghi Dubke ha spiegato che le sue dimissioni sono «dovute a problemi personali». Le dimissioni risalgono al 18 maggio ma Dubke è restato «per garantire la continuità del lavoro a Washington» durante il tour estero di Trump, ha detto il consigliere della Casa Bianca, Kellyanne Conway, a Fox News.

Le dimissioni di Dubke giungono in un momento di forte critica proprio per la strategia di comunicazione usata dalla Casa Bianca e le contraddizioni tra il presidente e i suoi portavoce, macroscopiche nei momenti di crisi maggiore.

Uno di questi picchi di crisi riguarda Jared Kushner, genero e consigliere del presidente, nell’occhio del ciclone per i contatti poco trasparenti con il Cremlino e l’ombra di un altro scandalo con l’Arabia Saudita con cui, secondo alcuni giornalisti investigativi, avrebbe concordato uno sconto sulle armi avendo in cambio un investimento saudita nel mercato dell’edilizia newyorchese. Al momento Trump difende Kushner, ma il cerchio intorno al presidente si sta stringendo giorno dopo giorno.