Donald Trump ha minacciato di revocare le autorizzazioni di sicurezza per gli ex funzionari che, nei mesi passati, hanno criticato il suo rifiuto di entrare in collisione con la Russia a causa delle interferenze nel processo elettorale del 2016.

Tra coloro che potrebbero perdere l’autorizzazione c’è John Brennan, l’ex direttore della Cia, che ha definito “sovversivo” l’incontro di Trump con Vladimir Putin; a dichiararlo è stata Sarah Huckabee Sanders, la segretaria stampa della Casa Bianca, ma nella lista nera sono entrati anche Susan Rice, l’ex consigliera per la sicurezza nazionale, James Comey e James Clapper, l’ex direttore dell’intelligence Usa, nonostante sia consuetudine che gli ex alti funzionari mantengano le autorizzazioni in modo da consigliare coloro che sono al governo, e che il loro bagaglio di esperienze non vada perso.

Il piano delle revoche non sembra essere una proposta attentamente studiata da parte di Trump, ma un’idea improvvisa annunciata subito dopo la proposta in questo senso del senatore repubblicano del Kentucky, Rand Paul.

“Il presidente sta esplorando i meccanismi per cancellare le autorizzazioni di sicurezza in quanto alcuni hanno politicizzato, e in alcuni casi monetizzato, il loro servizio pubblico e le loro autorizzazioni di sicurezza “, ha detto Sanders.

Ad essere politicizzato, in realtà, è proprio la mossa di Trump che strumentalizza in quel senso il processo di sicurezza, e arriva da un presidente che ha regolarmente messo in discussione la lealtà dell’intelligence e ha archiviato alcune delle loro scoperte, in particolare la conclusione che Mosca è intervenuta nelle elezioni del 2016, bollandole come attacchi personali contro di lui.

La minaccia di Trump, pensata per arginare i critici di alto profilo, i cui titoli, l’esperienza e l’accesso ai segreti più delicati della nazione danno peso ai loro argomenti, ha ovviamente provocato delle reazioni. “Lo scopo è quello di punire e intimidire chi è critico nei suoi confronti e questo è vergognoso”, ha detto Jeffrey Smith, ex consigliere generale per la Cia, che ha paragonato la mossa di Trump alla cosiddetta “paura rossa” degli anni ’50, quando a Robert Oppenheimer, il fisico che aiutò a sviluppare la bomba atomica, fu revocato il nulla osta di sicurezza a causa dei timori per eventuali suoi legami con i comunisti. Un periodo buio nella storia della democrazia americana.

Dal canto suo Clapper si è rifiutato di discutere la minaccia in dettaglio e si è limitato a dichiarare alla Cnn: “Questa è solo una cosa molto, molto meschina da fare. E questo è tutto ciò che dirò a riguardo”. Un altro ex agente stato preso di mira è Michael Hayden, l’ex capo della Cia e della sicurezza nazionale durante l’amministrazione di George W. Bush, il quale ha dichiarato che la rimozione del suo nulla osta di sicurezza non influenzerà “quello che dico o scrivo”.

Per quanto insolito sia il suggerimento di Rand Paul, riflette una dinamica altrettanto notevole che ha preso piede nell’era di Trump: il fatto che così tanti ex alti funzionari dell’intelligence siano disposti a criticare regolarmente il presidente, sia dietro le quinte che in pubblico.

I funzionari dell’intelligence generalmente considerano se stessi, così come le informazioni che forniscono, non di parte, e durante le passate amministrazioni, una volta lasciato il governo, hanno tentato di mantenere un atteggiamento apolitico, limitando le critiche pubbliche. I rapporti tra intelligence e questa Casa Bianca, invece, sono stati pessimi sin dall’inizio, e non potrebbe essere diversamente se una parte parla di prove del Russiagate e l’altra invece ritiene che sia una strumentale caccia alle streghe, e per l’intelligence, il concetto di difesa della nazione, viene prima di quello di obbedienza al presidente.