Chissà se un “tradimento” simile Donald Trump se lo sarebbe mai aspettato. Lui, primo presidente degli Stati uniti a utilizzare Twitter come unico mezzo di comunicazione ufficiale. Ha stravolto la vita di mezzo mondo con un tweet, annunciando guerre, sanzioni, uscita da trattati internazionali, che siano quello sull’ambiente di Parigi o quello sul nucleare iraniano del 2015.

Ieri qualcosa è cambiato: il social network, per la prima volta, ha compiuto un fact checking su due tweet del presidente statunitense. Facendolo infuriare. Tantissimo: poco dopo – usando Twitter – Trump ha minacciato tutte le compagnie social del mondo di chiusura unilaterale. Cosa che ovviamente non ha il potere di fare. Potrebbe farlo solo il Congresso statunitense.

Poco importa, a Trump basta accendere la sua base con toni guerrafondai, che si tratti di ayatollah o di cinguettii. Ovviamente, mettendoci dentro l’altro grande nemico, giusto in vista delle presidenziali di novembre: i democratici. «I repubblicani sentono che le piattaforme social – ha scritto – silenziano completamente le voci conservatrici. Li regoleremo duramente o li chiuderemo. Abbiamo visto cosa hanno cercato di fare, e hanno fallito, nel 2016. Non possiamo permettere che accada ancora».

I social come grandi burattinai della politica americana, questo il messaggio trumpiano. A scatenare tanta rabbia è stata la decisione di Twitter di compiere un fact checking su due tweet del presidente riferiti a presunte frodi elettorali via posta.

Sul tweet la piattaforma ha aggiunto un messaggio di avvertimento e rinviato a una pagina che descriveva quel post come infondato. Un atto che è il prodotto della nuova policy di Twitter sulle fake news e su informazioni fuorvianti, assunta a seguito della pandemia da Covid-19.

Resta da vedere se alle parole del tycoon seguiranno i fatti e in quale forma: se una chiusura richiederebbe l’intervento del Congresso, e non del presidente, per porre nuove regole ai social allo stesso modo servirebbe una riforma, anche questa di competenza di Camera e Senato.