Ancora alla Casa Bianca Donald Trump da una parte agisce come se dovesse essere ancora lui il prossimo presidente degli Stati uniti, con decisioni che possono condizionare il prossimo mandato, dall’altra compie i tipici passi di un presidente uscente.

In poche ore ha minacciato il veto al provvedimento sullo stimolo economico agli americani e alle piccole imprese in difficoltà, ma ha anche concesso la grazia a una ventina di persone, come di pragmatica nelle ultime settimane di mandato.

In un video di più di 4 minuti pubblicato su Twitter, Trump ha affermato di non voler firmare il tanto atteso accordo approvato dal Congresso per gli stimoli all’economia, ma di volere assegni di almeno 2mila dollari per adulto, ben più corposi rispetto ai 600 attualmente previsti nel disegno di legge. «Il piano di aiuti è una vergogna – ha detto – Se le voci non necessarie non saranno rimosse starà alla prossima amministrazione. Forse quell’amministrazione sarà la mia».

Ignorando l’affermazione riguardante l’amministrazione che dovrà occuparsi di questo piano, i democratici hanno dato un parere favorevole, visto che inizialmente avevano chiesto proprio quello: «I repubblicani si sono ripetutamente rifiutati di dire quale importo il presidente voleva per lo stimolo. Alla fine, il presidente ha parlato 2mila dollari. I democratici sono pronti a portarlo in aula questa settimana con consenso unanime. Facciamolo!», ha twittato la Speaker della Camera, Nancy Pelosi.

Il messaggio è stato subito retwitto da Bernie Sanders che ha aggiunto: «È fantastico! Con Kamala Harris e Ed Markey avevo già proposto un disegno di legge per dare un sussidio di 2mila dollari, 7 mesi fa. Ora signor presidente faccia in modo che Mitch McConnell e i suoi amici repubblicani smettano di opporsi in modo da fornire alla classe lavoratrice americana 2mila dollari».

Se la notizia compatta i Dem, ha sorpreso il Gop. Ma non è chiaro se Trump potrà davvero porre il veto a un disegno di legge approvato con una grande maggioranza. Di certo questa incertezza ritarda ulteriormente un aiuto che molti economisti dicono arrivare già «troppo misero e troppo tardi».

Nonostante le affermazioni sul secondo mandato, da presidente uscente Trump ha dato il via a una raffica di grazie e commutazioni di pena.

Tra le persone a cui ha già concesso la grazia ci sono due uomini che si erano dichiarati colpevoli durante l’indagine del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate; tre ex membri repubblicani del Congresso accusati di frode; quattro appaltatori militari appartenenti alla compagnia Blackwater, condannati nel 2007 per avere ucciso civili iracheni; due agenti della pattuglia di frontiera condannati per aver sparato a un immigrato irregolare e aver insabbiato la cosa; diversi soggetti condannati per reati di droga non violenti.

In questo momento in Usa ci sono 14mila persone in attesa di grazia. Trump ha pensato che tra queste la sua scelta dovesse ricadere su quelli citati, ma ha ancora molti giorni davanti, ignorando le raccomandazioni del Dipartimento di Giustizia e privilegiando i suoi alleati politici e personaggi legati a lui.

Trump è evidentemente troppo impegnato in questo doppio ruolo di presidente entrante e uscente per occuparsi del cyberattacco alle agenzie governative Usa, probabilmente ancora in corso e sferrato dalla Russia.

Nonostante la portata, curiosamente l’attacco russo è apparso a malapena come una nota a piè di pagina anche in un’udienza del Comitato per la sicurezza interna e gli affari governativi del Senato, che ha visto la testimonianza di Christopher Krebs, ex capo della sicurezza informatica licenziato un mese fa per essersi rifiutato di sostenere le affermazioni infondate di Trump di frode elettorale a suo danno.

L’attacco è avvenuto proprio durante il mandato di Krebs, ma i senatori non ne hanno fatto cenno durante l’udienza, concentrandosi sulle accuse infondate di frode elettorale. Eppure negli ultimi anni il governo Usa ha speso decine di miliardi di dollari in cybersecurity, costruendo tra l’altro un programma dedicato chiamato Einstein «proprio per dargli un’aria geniale».

Einstein è un sistema di rilevamento delle intrusioni che monitora i gateway di rete dei dipartimenti e delle agenzie governative negli Usa, per scovare il traffico non autorizzato e con lo scopo di svolgere due ruoli chiave nella sicurezza informatica Usa: rilevare e bloccare gli attacchi informatici che compromettono le agenzie federali e avvertire la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (Cisa), dando informazioni sulle minacce verso un’agenzia per proteggere il resto del governo. «Einstein ha evidentemente fallito», ha scritto il New York Times.