Il procuratore generale William Barr ha reso pubblico il rapporto di 400 pagine del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate e i tentativi di Trump di ostruzione della giustizia. Alcune parti sono state oscurate per proteggere indagini ancora in corso o la privacy di persone coinvolte.

Durante la conferenza stampa che ha preceduto la consegna del documento al Congresso, Barr ha ripetuto più volte quanto aveva già detto nel riassunto di 4 pagine diffuso un mese fa e che scagiona Trump. Mentre ora sappiamo che Mueller non l’ha fatto.

NEL REPORT SI LEGGE che non si può parlare di collusione fra Trump e Mosca, nonostante siano accertate e dettagliate le mosse russe per influenzare le elezioni presidenziali Usa, e nonostante i numerosi contatti fra Mosca e il comitato di Trump, e alcune curiose casualità (ad esempio quando l’intelligence russa ha preso di mira l’ufficio personale di Hillary Clinton 5 cinque ore dopo la richiesta di Trump, il 27 luglio 2016) perché per definirlo «complotto» le due parti avrebbero dovuto accordarsi per violare la legge, mentre ciò che hanno fatto è stato informarsi delle reciproche attività da cui hanno tratto vantaggi.

Mueller ha affermato che la campagna di Trump in alcuni casi era stata ricettiva alle offerte russe di coordinarsi, mentre Barr aveva menzionato solo le offerte e non la ricettività della squadra del tycoon.

Oltre a ciò nel rapporto si legge che «diverse persone del comitato Trump hanno mentito agli investigatori e al Congresso riguardo i loro contatti con la Russia, e queste bugie hanno materialmente ostacolato l’indagine», mentre altri hanno cancellato gli scambi di comunicazioni con gli emissari del governo russo.

SUL REATO DI OSTRUZIONE della giustizia Barr ha dovuto ammettere che in 10 frangenti The Donald ha agito coscientemente in tal senso: le pressioni sull’ex capo dell’Fbi James Comey per chiudere le indagini sul consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn, che aveva mentito al Congresso riguardo i suoi contatti con la Russia; il licenziamento di Comey per essersi rifiutato di affermare pubblicamente che Trump non era coinvolto nell’indagine ai tempi in mano sua e poi terminata da Mueller; le pressioni sull’ex procuratore generale Sessions per tornare a occuparsi del Russiagate solo per scagionarlo.

 

foto Afp

 

L’episodio forse più grave riguarda l’avvocato della Casa Bianca, Don McGahn, al quale Trump già aveva chiesto di far licenziare Robert Mueller dall’attuale vice procuratore generale Rod Rosenstein (ma McGahn rifiutò): il 26 gennaio 2018 Trump chiese ai suoi collaboratori di smentire un articolo del New York Times dove si leggeva che gli investigatori erano a conoscenza dei tentativi di far licenziare Mueller, in quell’occasione Trump minacciò McGahn di licenziarlo se non avesse fatto questa dichiarazione pubblica affermando il falso, ed anche quella volta McGahn rifiutò.

LA PARTE CHE PIÙ SPIEGA il rapporto sta nel passaggio dove Mueller spiega che questa non è stata affrontata come un’indagine normale in quanto c’è di mezzo il presidente e il presidente non può essere incriminato, perché si profilerebbe una violazione legale della separazione tra poteri ma, aggiunge Mueller, «dopo la nostra analisi dei fatti, se fossimo convinti che il presidente non abbia ostacolato la giustizia, lo diremmo. Sulla base dei fatti e delle leggi, non possiamo arrivare a questa conclusione. Di conseguenza, per quanto questo rapporto non concluda che il presidente ha commesso un reato, non lo assolve nemmeno».

MUELLER AGGIUNGE che chiedere conto al presidente delle proprie azioni spetta unicamente al Congresso in quanto «nessuno è al di sopra della legge» e per impedire «al presidente l’uso corrotto del suo potere». Nel report si legge che quando l’indagine passò a Mueller Trump disse a Sessions: «È terribile. È la fine della mia presidenza. Sono fottuto».