Siamo alla vigilia di una guerra mondiale delle sanzioni, forse preludio di un conflitto più vasto, economico, energetico e militare. È questa la situazione che hanno voluto gli Stati uniti uscendo dall’accordo sul nucleare con l’Iran del 2015 che adesso coinvolge in maniera diretta anche gli Stati europei.

Gli Stati europei hanno sanzionato alcuni alleati dell’Iran, come la Siria di Assad, e allo stesso tempo vorrebbero mantenere l’intesa con la Repubblica islamica. Ma le contraddizioni non finiscono qui. Le politiche sanzionatorie di Trump presto potrebbe mettere nel mirino Cina e Russia che hanno rapporti commerciali stretti con Teheran e con l’Europa.

Pechino continua a importare petrolio iraniano nonostante sia scaduta l’esenzione di sei mesi concessa dagli americani a otto Paesi, periodo durante il quale per altro l’Eni (e l’Italia) non ha acquistato neppure una goccia di greggio persiano. Perché i nostri sovranisti davanti al vero Sovrano, quello americano, si sono già allineati con gli Usa, come suggerisce la visita di Salvini a Washington.

Putin è venuto in Italia non tanto per stringere nuovi accordi o eludere le sanzioni europee per l’Ucraina, ma a controllare che l’Italia non riduca gli acquisti di gas russo se aumenteranno le pressioni americane sull’Europa.
Che la tensione stia salendo lo dimostra il sequestro, su indicazione americana, di una petroliera con greggio iraniano a Gibilterra diretta a Tartous, porto siriano, da parte di 30 marines britannici.

E non è certo questa la prima volta che gli inglesi fanno i cani da guardia degli americani sulle sanzioni: lo sanno bene anche le aziende italiane in rapporti con Teheran. L’Iran adesso minaccia ritorsioni mentre il segretario alla sicurezza nazionale Usa John Bolton definisce l’evento «una notizia eccellente», ma è la prima volta che accade in otto anni di guerra siriana.

Qui non c’è nulla di eccellente: si va verso un’epoca di alta tensione e di complicazioni diplomatiche. Una nuova edizione del «caos creativo» americano che ha destabilizzato il Medio Oriente. E questo mentre scadono, proprio oggi, i 60 giorni dati dall’Iran ai suoi partner europei per adempiere ai patti presi con Teheran.

La Repubblica islamica ha annunciato che se gli europei non si conformeranno all’accordo entro il termine stabilito, arricchirà l’uranio al 5%, sopra il livello concordato (3,67%). Ma se l’Europa fa entrare in vigore il sistema Instex per aggirare le sanzioni Usa, dice l’ambasciatore iraniano a Roma Hamid Bayat, l’Iran è pronto a tornare sui suoi passi e a rinunciare all’arricchimento dell’uranio.

L’Iran non ha nessuna intenzione di uscire dall’accordo sul nucleare come hanno fatto gli Stati uniti di Trump, ma se non si fa niente per superare le sanzioni l’intesa, sottolinea Bayat, potrebbe andare da sola verso l’autodistruzione.

Il sistema Instex per le transazioni in euro potrebbe però riguardare non soltanto l’Iran ma in un prossimo futuro anche Mosca e Pechino.

La questione delle sanzioni alla Russia, imposte per la crisi dell’Ucraina, può diventare scottante se in futuro gli Stati uniti decidessero di emanare altre misure restrittive nei confronti di Mosca o di Pechino (vedi caso Huawei). Basti pensare alle continue pressioni americane nei confronti delle importazioni europee di gas russo.

Gli Usa hanno concesso alla Germania la possibilità di costruire il Nord Stream con Mosca solo in cambio di un acquisto di gas liquido americano. E le tensioni potrebbero aumentare quando verrà concluso il Turkish Stream tra Mosca e Ankara: la Turchia è il più importante acquirente di gas russo con la Germania e l’Italia.

Molti si sono illusi che il viaggio di Putin a Roma potesse rappresentare una svolta per la sanzioni europee imposte a Mosca. Ma neppure il leader del Cremlino ha mai pensato una cosa del genere. La missione serviva alla Russia, insieme all’incontro in Vaticano con il Papa, per dimostrare agli Usa che Mosca in Europa non è isolata.

E allo stesso tempo la visita di Putin è servita al governo per dare l’impressione che l’Italia sia un paese importante che ha altre carte da giocare insieme a quella americana nell’Unione europea.

Quando Putin viene da noi sa perfettamente che siamo un protettorato americano, ospitando 60 basi Usa, 10mila soldati americani e 90 testate atomiche. Non pretende di cambiare la geopolitica italiana, ma qualche buon affare vorrebbe farlo.

Nel 1969 l’Italia fu il primo Stato europeo a concludere con l’Urss un contratto per le forniture di gas e ora voleva sincerarsi che continueremo a essere importanti clienti del suo gas. In vista delle nuova guerra delle sanzioni, cominciata con l’Iran ma che promettete di allargarsi a Russia e Cina.