La rabbia contro i palazzi e la politica di Washington, la paura, purtroppo molto concreta, di nuovi attacchi terroristici, l’ostilità, per non dire l’odio verso gli immigrati illegali. Ma siamo davvero sicuri che sia questa l’unica chiave di lettura del successo di Donald Trump tra gli elettori delle primarie?

Qualche settimana fa proprio in New Hampshire, in uno dei suoi tanti strampalati comizi, il supermiliardario newyorkese se ne è uscito ad esempio con la promessa di proteggere il fragile welfare americano.

«Io salverò il Social security e le vostre pensioni» ha detto Trump. Pochi l’hanno notato, eppure non era la prima volta.

Già l’autunno scorso, più di una volta, aveva ribadito quella che è praticamente una bestemmia per ogni repubblicano, che da che mondo è mondo, dai tempi ormai lontani di Ronald Reagan, tenta l’assalto al modesto sistema pensionistico del loro paese.

Se è vero che Trump ripete continuamente lo slogan di tutti i suoi concorrenti «cancellerò Obamacare», è interessante guardare meglio a ciò con cui vorrebbe sostituire la riforma sanitaria di Barack Obama.

Non che ci siano per ora piani concreti, del resto nessun repubblicano sin qui ne ha presentati. Ma il front runner repubblicano pare avere un’idea chiara su chi sia il nemico. Non il governo federale, ma le compagnie di assicurazioni. «Sono loro che si stanno arricchendo con Obamacare – ha detto infatti nell’ultimo dibattito tv prima dei caucus dell’Iowa – E noi metteremo fine a tutto questo».

Ma anche dopo la sua prima sconfitta, di fronte ai capibastone del partito in New Hampshire, che chiedevano di schierarsi contro l’espansione di Medicaid (prevista dalla riforma e rifiutata da molti governatori del Gop), Trump ha fatto semplicemente orecchie da mercante.

Certo, sono solo parole, ma qualcuno a quanto pare ascolta.

Visto che, come racconta la ricerca di Civic Analytics, società fondata da chi partecipò alla campagna per Obama del 2008, la candidatura di Trump è vista con favore dal 36 per cento di chi si dichiara indipendente e addirittura dal 43 per cento di chi è registrato come democratico.

Elettori che, negli stati dove le primarie, come in New Hampshire, sono aperte a tutti, potrebbero fare la differenza. Soprattutto in distretti elettorali, in Pennsylvania, Tennessee o nel profondo sud, che un tempo erano roccaforti del partito democratico. Ma dove ora, lo si è visto nelle presidenziali del 2012, quando Obama ha perso proprio in queste zone, gli elettori si sentono orfani. E se non amano affatto il Gop, potrebbero essere tentati dalle sirene del grande outsider populista.