Trump e Facebook: come cambia lo scenario del capitalismo delle piattaforme
Facebook e gli altri Facebook è, al momento, usata come vittima sacrificale di un cambiamento di scenario nel capitalismo delle piattaforme, cioè il superamento dell’era dell’accesso gratuito alla Rete
Facebook e gli altri Facebook è, al momento, usata come vittima sacrificale di un cambiamento di scenario nel capitalismo delle piattaforme, cioè il superamento dell’era dell’accesso gratuito alla Rete
Capelli corti, camicia, cravatta e giacca d’ordinanza, corpo quasi impietrito. Le immagini di Mark Zuckerberg hanno fatto il giro del mondo, mostrando le difficoltà di un manager che alcuni maliziosi commentatori consideravano, fino a pochi mesi fa, uno dei possibili candidati indipendenti che potevano correre, vincendola, la corsa delle prossime presidenziali statunitensi.
E anche se ha sempre smentito tale possibilità, il protagonismo politico di Zuckerberg si è manifestato pochi mesi dopo l’insediamento di Trump alla Casa bianca con il lancio, nel febbraio 2017, del progetto per la costruzione di una comunità globale fondata sulla tolleranza.
Oggetti polemici di quel testo erano i produttori d’odio presenti in Rete e chi usava i social network per veicolare notizie false (le fake news): implicito il riferimento critico a Trump e ai suoi sostenitori.
Il ciclone Cambridge Analytica ha messo però all’angolo Zuckerberg.
Nel giro di pochi giorni le azioni di Facebook hanno perso molti punti percentuali in Borsa, interrompendo la tendenza al rialzo che aveva portato a 185 dollari il costo per azione del social network dagli iniziali 139 dollari di un anno fa. In poco più di una settimana le perdite sono state stimate in 50 miliardi di dollari.
In più di una occasione, Zuckerberg si è assunto l’intera responsabilità della vicenda Cambridge Analytica, ma la pioggia di critiche è venuta dall’opinione pubblica e dal Congresso. Si è però impegnato a evitare la manipolazione politica dell’opinione pubblica con investimenti e riorganizzazione della sua impresa.
Quella che è andata in fumo è la sua credibilità. Nella sede di Menlo Park tutti sapevano quel che aveva fatto Cambridge Analytica.
D’altronde era stato uno dei responsabili della campagna presidenziale di Trump a dichiarare che per vincere le elezioni bastava staccare un assegno di 100 milioni di dollari, intestato al social network. Soltanto che sulla graticola c’è finito il boss di Facebook e non Trump, cioè il committente per l’acquisto dei dati di 87 milioni di statunitensi per le sue campagne elettorali.
Le udienze di Zuckerberg al Congresso Usa hanno messo quindi in scena le difficoltà di un imprenditore e, al tempo stesso, hanno evidenziato un cambiamento in atto nelle geografie di potere della Rete e nei rapporti tra Silicon Valley e la «politica». Il primo effetto di tale mutamento si riverbera in quello che si configura come un vero e proprio complesso militare-digitale.
National Security Agency, Pentagono, Fbi, Cia hanno un rapporto di amore e di odio con Apple, Facebook, Google, Amazon. Sono organismi statali che ammirano la capacità di quelle imprese di accumulare Big Data; vorrebbero accedere a essi per le loro non sempre chiare operazioni di sicurezza nazionale. Talvolta hanno trovato spirito collaborativo, ma spesso hanno ricevuto sdegnati di rifiuti alla collaborazione.
Noto è il rifiuto di Apple di fornire alla Fbi i dati delle comunicazioni di un terrorista islamico. Lo scandalo Cambridge Analytica ha quindi rimesso in discussione i rapporti di forza a favore delle imprese high-tech.
In questo ultimo anno e mezzo, Donald Trump ha abolito la net-neutrality, aprendo la strada a una Internet a due velocità: una a pagamento per i ricchi, l’altra, scarna di servizi e contenuti, per i poveri.
Nell’udienza al Congresso Zuckerberg si è lascito sfuggire una frase che suona come un’apertura di credito al progetto di Trump: Facebook, ha affermato Zuckerberg, non si tirerà indietro se prende corpo un progetto per trasformare a pagamento alcuni servizi ora offerti gratuitamente agli utenti.
Inoltre, Trump va ripetendo in giro, nonostante l’inchiesta del Russiagate, che è questione di sicurezza nazionale prevenire e combattere le azioni degli «smanettoni» della Rete al soldo di Pechino e Mosca.
Da qui il finanziamento di progetti di ricerca scientifica per rafforzare le azioni di intelligence nel cyberspazio, cercando così di acquistare il consenso di Nsa, Fbi e Cia e Pentagono che finora non sempre hanno visto di buon occhio la presidenza di Trump.
Chiaro è però il messaggio del presidente Usa alle imprese high-tech: o vi chinate al volere del sovrano, cioè il mio, oppure sarà scontro. Trump ha dunque fatto politica in questo anno e mezzo, sfruttando, per quanto riguarda la Rete, l’insofferenza degli americani proprio verso il business model dominante nella Silicon Valley.
Va bene lo scambio tra gratuità e cessione dei dati personali, ma Apple, Facebook, Google, Amazon e gli altri data barons stanno edificando una società del controllo basata sulle radicale mercificazione delle comunicazione umana.
Questa è l’accusa verso i signori del silicio mossa da associazioni per i diritti civili, a difesa dei consumatori, dei bambini, teorici della Rete pentiti di avere creduto al mito della frontiera elettronica non credono più al motto di don’t be evil delle major della Rete, perché il diavolo in realtà è sempre stato di casa a Silicon Valley. Facebook è, al momento, usata come vittima sacrificale di un cambiamento di scenario nel capitalismo delle piattaforme, cioè il superamento dell’era dell’accesso gratuito alla Rete.
Non c’è però nulla di buono in quello che bolle in pentola. C’è la possibilità di una ratifica di un digital divide in base al censo e allo status, trasformando in merce la tutela della privacy e l’accesso differenziato alla Rete con buona pace di chi ora punta l’indice contro i signori della Silicon Valley.
Se questo avverrà, Trump avrà vinto.
Facebook non scomparirà ma sarà relegata sul fondale delle scene economiche che contano. Così come è accaduto a Microsoft non più di 15 anni fa. In fondo, è nel destino della new economy che le imprese high-tech siano divorate dagli stessi spiriti animali che hanno messo in circolazione.
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