Nel giorno dell’85esimo anniversario delle forze armate nordcoreane, il presidente Donald Trump invia l’USS Michigan, un sottomarino nucleare, in un porto della Corea del Sud.

Questa manovra avviene in concomitanza con l’incontro di Tokyo dei massimi esperti nucleari della Corea del Sud, dal Giappone e dagli Stati Uniti, per concordare una risposta comune al rifiuto di Pyongyang di smettere con il programma missilistico nucleare.

Altro segnale dell’attenzione di Trump nei confronti della Corea nemica, è la convocazione alla Casa Bianca per mercoledì 26 aprile dell’intero senato, evento non usuale che ha nell’ordine del giorno l’emergenza nordcoreana.

Durante l’incontro i senatori ed i vertici militari ricevono informazioni riservate per valutare le mosse da intraprendere e il ventaglio di risposte possibili, soprattutto nel caso abbastanza probabile che Kim Jong-un effettui un altro test nucleare, il sesto in 11 anni.

Questo tipo di summit di senatori e militari potrebbe servire anche per una richiesta di autorizzazione a procedere con interventi militari, il tipo di richiesta che era mancata prima del lancio di missili americani in Siria.

Dalla Corea del Sud la Naval Forces Corea ha definito l’arrivo del sottomarino Michigan «una visita di routine per sottolineare l’alleanza tra Stati Uniti e Corea del Sud», ma nonostante i toni smussati di Seul, è chiaro che un sottomarino militare parcheggiato in zona è un messaggio a Pyongyang.

Non è questo l’unico appuntamento del presidente per la giornata di mercoledì: per questo stesso giorno Trump ha ordinato la presentazione del suo ambizioso piano sulle tasse che prescrive un taglio dell’aliquota aziendale al 15% del 35 per cento.

A quanto pare le indicazioni di Trump sarebbero quelle di dare priorità agli sgravi rispetto al contenimento del deficit, e questo sarebbe l’inizio delle nuove politiche fiscali americane.

Trump ora si trova, alla vigilia della soglia simbolica dei primi 100 giorni di presidenza che scadono sabato, a fare i conti con il fatto di non aver portato a casa letteralmente nessuno dei risultati promessi in campagna elettorale ma mantenere almeno la promessa della riduzione fiscale, stando alle stime della Commissione fiscale congiunta del Parlamento, costerebbe a Washington una perdita di 2000 miliardi nell’arco di dieci anni.

A poco servirebbe la prevista eliminazione di scappatoie fiscali per le imprese, questa non basterebbe a compensare una perdita di entrate di tali dimensioni. Perciò al Congresso già circolano ipotesi di riduzioni ben più moderate.

Vista l’aria che tira Trump sabato ha liquidato il bilancio dei 100 giorni di amministrazione come una «data artificiale, non molto significativa» anche se questo giro di boa l’ha cavalcato per mesi proprio lui, ma ora parte della sua ambiziosa agenda, come la costruzione del muro al confine con il Messico, complica i negoziati nel Congresso per evitare un arresto del governo alla fine di questa settimana. Proprio quando scadono i fatidici 100 giorni.

Come se non bastasse i fantasmi del passato non svaniscono: Michael Flynn, primo consulente di Trump per la sicurezza nazionale dimissionario perché coinvolto nel Russiagate, potrebbe aver violato la legge non avendo comunicato tutti i suoi rapporti commerciali con la Russia. e per questo potrebbe essere indagato e costretto a restituire i compensi ricevuti da governi stranieri.

A dare la notizia sono stati i deputati repubblicani Chaffetz e Cummings, a capo della commissione della Camera che indaga sul Russiagate, Stando ai capi della commissione esistono prove che Flynn non ha chiesto l’autorizzazione né informato il governo Usa dei pagamenti ricevuti per i suoi interventi in Russia nel 2015 e per l’attività di lobbying per Ankara.

A ciò si accompagna la notizia che la Casa Bianca nega alla commissione sul Russiagate proprio documenti fondamentali sulla figura di Flynn, così l’indagine non può proseguire. Per uscire dal ginepraio interno di scandali e promesse non mantenute, forse Trump avrá bisogno di creare un potente diversivo