«Putin dice cose positive su di me, io ne dico di altrettanto positive su di lui». Così ha dichiarato Donald Trump durante il forum sulla sicurezza nazionale tenuta dai veterani di Iraq e Afghanistan, a cui ha partecipato insieme ad Hillary Clinton.

Non si è limitato ad un reciproco complimentarsi, Trump ancora una volta ha continuato e ha espresso simpatia ed ammirazione nei riguardi del presidente russo, affermando che «è stato un leader molto più di quanto non lo sia stato il nostro presidente».

L’affermazione ha sollevato, prevedibilmente, un coro di polemiche. Barack Obama, chiamato direttamente in causa, ha definito Donald Trump «stravagante e disinformato»; parlando dal Laos dove si trova in questi giorni, Obama ha detto che ogni volta che Trump parla, diventata sempre più chiaro come il candidato repubblicano non sia qualificato per diventare il futuro presidente degli Stati Uniti.

Ha poi sottolineato l’importanza del lavoro diplomatico svolto, come quello che ha appena affrontato sia al vertice Asean in Laos, che durante l’ultimo G20 in Cina. «Vi posso dire che alla luce delle interazioni che ho avuto nel corso degli ultimi otto o nove giorni con i leader stranieri, che questo lavoro è una cosa seria – ha dichiarato rivolgendosi indirettamente a Trump – È necessario sapere di che si sta parlando ed aver effettivamente fatto i compiti. Bisognerebbe parlare di un progetto politico che poi sarà possibile implementare».

Questo botta e risposta tra la possibile futura amministrazione americana e quella in carica avviene proprio mentre l’attuale segretario di Stato, John Kerry, sta cercando una sponda su cui incontrarsi con il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sul tema della Siria.

Il Ministero russo ha annunciato che Kerry incontrerà Lavrov, per la terza volta in due settimane, sulla scia dell’incontro in Cina a margine del G20 tra Obama e Putin che non aveva portato i risultati sperati.

Al momento il Dipartimento di Stato ha dichiarato di star facendo progressi con la Russia riguardo un cessate il fuoco in Siria, anche se la Casa Bianca ha segnalato di esser pronta ad abbandonare i colloqui se queste trattative non sfoceranno presto in un accordo e il Pentagono ha attaccato il ruolo di Mosca nella guerra civile.

Da questi dati si evince è che dal ginepraio siriano gli Stati Uniti non possono uscirne senza l’aiuto di Mosca e che con Putin, volente o nolente, bisogna confrontarsi e collaborare. Su questo punto Trump ha una posizione paradossalmente più realistica della sinistra americana.

Proprio perché fieramente ignorante in campo di politica estera (come ama sottolineare), Trump non vede la ragione di non dialogare e non porsi in termini politicamente amichevoli con Putin, o con la Corea del Nord, come aveva dichiarato alcuni mesi fa, facendo il solito scalpore.

Il fatto è che la sinistra americana ha lasciato fin troppo spazio occupabile su troppi fronti, specie in tema di esteri, là dove la destra (questa nuova ultra destra muscolare che ha spiazzato i repubblicani in primo luogo ma che rischia ora di spiazzare, almeno in parte anche i democratici) ha idee molto chiare.

«In Iraq io l’avevo detto – ha dichiarato Trump sempre durante lo stesso forum – Non bisognava fare una guerra, bisognava andare prendere il petrolio e basta». A questo tipo di semplificazione bisogna opporre qualcosa, una linea pragmatica accettabile e non solo un coro indignato che ripete «inammissibile».

Con una Nato allargata a dismisura che arriva ai confini russi, Putin è il vicino di casa di destra che non si può ignorare, specie in panorami come quello siriano dove i bombardamenti sono cominciati per mano americana ma che non possono essere risolti dagli americani da soli.

Putin non è stato un leader migliore di Obama e Trump è davvero inadatto a diventare presidente, ma la sinistra Usa deve riprendere un discorso con tutta la base e ad avere una linea di azione veicolabile, visto che altre scelte non ve ne sono, come dimostra l’attività di Kerry di questi giorni.