Il cosiddetto «MuslimBan 2.0» sostituisce l’originale, sospeso il mese scorso dalla corte federale. Il decreto è stato modificato per prevenire nuovi stop. L’ordine esecutivo sospende per quattro mesi l’asilo concesso ai profughi e riduce il numero di rifugiati ammessi negli Usa da 110.000 a 50.000 all’anno. Inoltre vieta l’entrata in Usa di siriani, iraniani, somali, libici, yemeniti e sudanesi.

È stata invece rimossa l’interdizione agli iracheni, una modifica avvenuta dopo le marcate proteste del governo di Baghdad che rimane pur tuttavia «alleato strategico» nelle operazioni medio orientali e con cui i rapporti non sarebbero stati agevolati da una discriminazione arbitraria.

AVEVANO SUSCITATO molto scalpore, in particolare fra reduci, le interdizioni di collaboratori iracheni dell’esercito Usa quali i traduttori utilizzati in guerra dai reparti americani a cui era stato promesso asilo e che invece il mese scorso nonostante i documenti alla mano si sono visti respinti all’arrivo in aeroporto.

Ma la «grazia» agli iracheni non fa che sottolineare l’arbitrarietà del decreto. Il segretario di stato Rex Tillerson ieri ha recitato la giustificazione d’ufficio: «È dovere solenne del presidente difendere i cittadini della nazione», una motivazione predicata sulla fallacia del «terrorista immigrante». Il fatto – invece – è che la quasi totalità degli attentati registrati dall’11 settembre sono stati commessi da individui nati in America o radicalizzati negli Usa. Nell’ottica trumpista d’altronde non è la policy che conta ma la coerenza demagogica e l’interdizione degli immigrati musulmani rientra, come non si stanca di ripetere la Casa bianca, nelle promesse fatte agli elettori.

QUESTA SECONDA VERSIONE del decreto entrerà in vigore fra dieci giorni per evitare il caos precedentemente provocato negli aeroporti e non dovrebbe interessare chi ha già ottenuto un visto o chi ha una carta verde per la residenza permanente.

L’associazione per i diritti civili (Aclu) ha comunque preannunciato che ricorrerà nuovamente in tribunale per tentare di fermare anche questo nuovo decreto. Le «migliorie» non fanno infatti che riproporre l’applicazione di una legge xenofoba e demagogica. Una prima pietra nel progetto di eugenetica sociale delineato dal consigliere strategico Steve Bannon, per cui l’immigrazione farebbe parte di una strategia concertata e tesa a minacciare «l’identità giudaico-cristiana dell’occidente». Un programma che si articola anche nella sua altra fase principale: l’espulsione degli immigrati clandestini, un’operazione senza precedenti dalle conseguenze economiche e sociali potenzialmente devastanti.

A questo riguardo continuano ad aumentare le tensioni negli stati ad alta immigrazione ispanica come Texas e California, dove la stretta sui fermi e le espulsioni di «clandestini» sta seminando il panico nelle comunità di irregolari. Si tratta di 12 milioni circa di lavoratori non in regola molti dei quali operai – ombra di un economia sommersa su cui è predicato lo sviluppo.

MOLTE FAMIGLIE sono residenti da decenni e comprendono un milione circa di studenti cresciuti in America che avevano beneficiato di una moratoria varata da Obama. Ora sono passibili di espulsione verso paesi che non conoscono.

Per loro l’avvento di Trump è stato una specie di 8 settembre e per dare un idea della psicosi che ha provocato, basti pensare che una startup californiana sta sviluppando una nuova app chiamata RedadAlertas, programmata per avvertire in tempo reale dei rastrellamenti degli agenti del Ice (immigration customs enforcement). Nel frattempo giunge voice che 300 società sarebbero già interessate ai concorsi di appalto per la costruzione del muro di confine col Messico. Per la faraonica opera annunciata d Trump come imperituro monumento al nuovo isolazionismo etnico del melting pot, occorrerà una spesa vicina ai 30 miliardi di dollari.

UN MONUMENTALE APPALTO federale con le consuete dinamiche delle grandi opere: al bando parteciperanno appaltatori militari come Bexel e Raytheon, imprese edili e cementifici (compresa la messicana Cemex) e contractor come la Caddell, specializzata in ambasciate e prigioni private (altro settore «graziato» dal regime Trump).