Dopo il fallimento degli sforzi dell’amministrazione Trump di abrogare l’Affordable Care Act, il presidente e i repubblicani al Congresso si cimentano ora con un’impresa anche più complessa e ambiziosa, che riguarda la revisione del codice fiscale americano. Si tratterebbe della prima riforma in tre decenni.

Il problema principale in cui si trova di Trump è quello di essere alla testa di un partito repubblicano diviso che, non avendo più Barack Obama come nemico comune deve fare i conti con le molteplici anime che lo compongono e che l’avevano portato, alle primarie, a presentare ben 17 candidati.

UNA DELLE RAGIONI della vittoria di Trump era stata quella di essere un outsider, fuori da quel partito che il presidente conosce appena, ma senza il quale, come ha dimostrato la votazione sull’Obamacare, non va da nessuna parte. «I repubblicani hanno bisogno di una vittoria sulla legge fiscale – ha detto al New York Times Stephen Moore, economista della Heritage Foundation e consigliere di Trump durante la campagna presidenziale – Ma per conseguirla bisognerà essere un po’ meno ambiziosi e non cercare il big bang».

Moore si riferisce ai grandi progetti di tassi più bassi, di un minor numero di scappatoie per l’evasione e una tassa sulle importazioni; progetti che potrebbero dover essere ridimensionati a favore di un grande taglio fiscale alle imprese e, eventualmente, un taglio fiscale individuale. In effetti a causa delle complesse regole del Congresso, ci può essere ben poca scelta: se i repubblicani intendono agire di nuovo senza l’aiuto dei democratici, per far passare la legge al senato con una maggioranza semplice avranno bisogno di utilizzare una procedura chiamata di «riconciliazione del bilancio». Per rendere le loro modifiche al codice fiscale permanente, poi, i loro piani non potranno ampliare il deficit per un periodo di 10 anni.

SE AVESSERO ELIMINATO l’Obamacare e la spesa federale che genera, avrebbero risparmiato 1 trilione di dollari in tasse, ora invece i repubblicani devono lottare per ridurre le aliquote fiscali aziendali senza accumulare altro debito, come riconosciuto anche dal portavoce Paul Ryan. Ma i problemi per l’amministrazione Trump non finiscono qui: la commissione di intelligence del Senato sentirà il genero e consigliere del presidente, Jared Kushner, nell’ambito delle indagini sui legami fra l’amministrazione Trump e la Russia, nello specifico riguardo i suoi incontri con l’ambasciatore russo, Sergey Kislyak e il direttore della Vnesheconombank, Sergey N. Gorkov.

LA CASA BIANCA, si era detta a conoscenza soltanto di un incontro, avvenuto a inizio dicembre alla Trump Tower, tra Kislyak e Kushner, al quale avrebbe partecipato anche Michael T. Flynn, il consigliere alla sicurezza nazionale dimessosi dopo soli 24 giorni perché travolto proprio dal Russiagate, ma Kushner avrebbe incontrato anche il direttore della banca finita nella lista delle sanzioni Usa dopo l’invasione russa della Crimea e l’inizio delle ostilità con l’Ucraina, appunto la Vnesheconombank.

A CONCLUDERE gli impegni scottanti a cui deve far fronte l’amministrazione Trump c’è un appuntamento quanto mai delicato con le Nazioni Unite dove sono iniziati i negoziati per la messa al bando degli arsenali nucleari. I lavori saranno dal 27 al 31 marzo e poi ancora dal 15 giugno al 7 luglio. Sono vent’anni che non c’è una presa di posizione ufficiale delle Nazioni unite sul tema.
Vedremo come si comporterà Trump, sostenitore da sempre dell’uso delle armi nucleari.