Donald Trump sta considerando uno sblocco parziale dei fondi Usa destinati all’Organizzazione mondiale della Sanità, Oms, temporaneamente congelati dopo settimane di accuse del tycoon contro i vertici Oms per la loro gestione della pandemia.

La notizia del ripensamento è stata affidata a un tweet: «Questa è una delle diverse idee che si stanno considerando – ha scritto il presidente Usa – di pagare un 10% di quello che abbiamo pagato per molti anni in modo da equiparare i versamenti molto più bassi della Cina».

Il riferimento alla Cina è un chiodo fisso: Trump ha più volte affermato che Pechino, rispetto agli Usa, versa molti meno fondi all’Oms, accusata a sua volta di essere «filo-cinese». La decisione finale non è ancora stata presa – ha specificato The Donald – «tutti i fondi sono congelati».

Sarebbe, questa, una parziale marcia indietro rispetto alla decisione presa il 15 aprile. La sospensione doveva restare valida per un periodo tra i 60 e i 90 giorni, ma Trump potrebbe cambiare idea riguardo i fondi congelati che ammontano in media a 500 milioni di dollari l’anno.

Oltre a quella con l’Oms, anche altre lotte economiche si profilano all’orizzonte di Trump. La Camera governata dai democratici, votando da remoto per la prima volta nella storia e nonostante la minaccia di veto del presidente, ha approvato un pacchetto di aiuti economici da 3mila miliardi per aiutare il Paese nell’emergenza economica causata dal coronavirus.

Il pacchetto è stato approvato con 208 voti a favore. I democratici insistono sulla necessità di un’ulteriore azione in soccorso del Paese schiacciato dall’aumento senza precedenti della disoccupazione. Ora il testo del decreto passerà al Senato a guida repubblicana e prevedibilmente diventerà terreno di lotta tra i due partiti.

«Queste sono le leggi che gli americani si aspettano dai loro rappresentanti durante questa crisi – ha affermato il deputato democratico Sten Hoyer – È una risposta audace a una sfida senza precedenti».

Il passaggio del decreto non è stato una passeggiata nemmeno internamente ai dem: la speaker Nancy Pelosi si è dovuta confrontare con le correnti interne, non riuscendo comunque a convincere l’ala più a sinistra, il Congressional Progressive Caucus, che spingeva per un programma di «salario garantito», rispetto al nuovo round di pagamenti una tantum incluso nel disegno di legge.