L’ennesima sorpresa dell’Amministrazione Trump a favore di Israele è stata svelata ieri. Il presidente americano ha annunciato con un tweet che il Marocco normalizzerà le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico aggiungendosi ai tre paesi arabi – Emirati, Bahrain e Sudan – che aderiscono al cosiddetto Accordo di Abramo. «I nostri due grandi amici Israele e il Regno del Marocco hanno acconsentito a piene relazioni diplomatiche…È svolta storica…un grandissimo passo in avanti» per la pace in Medio Oriente, ha scritto Trump. Poco dopo da Rabat è arrivata la conferma del ministero degli esteri. Quindi sono giunte le dichiarazioni colme di gratitudine del premier israeliano Benyamin Netanyahu verso il suo stretto alleato a Washington. «Voglio ringraziare il presidente Trump per il suo straordinario sforzo per portare la pace in Israele e nel Medio Oriente», ha dichiarato alla tv. «Sarà – ha aggiunto – una pace molto calda, una grande luce di pace».

Per l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen è l’ennesima batosta diplomatica. Il presidente palestinese vede frantumarsi il fronte che per 18 anni è stato dietro la risoluzione araba del 2002 fondata sul principio della pace con Israele in cambio del ritiro dai territori arabi occupati. Ora i leader arabi, o almeno quello filo-Usa, chiudono a chiave in un cassetto i diritti dei palestinesi sotto occupazione militare. A questo punto, come affermava ieri Jared Kushner, genero e inviato di Trump in Medio oriente, la normalizzazione tra Israele e l’Arabia saudita, potrebbe essere davvero vicina. Non è detto che l’Anp reagisca con rabbia a questa nuova intesa, così come aveva fatto nei mesi scorsi richiamando gli ambasciatori palestinesi ad Abu Dhabi e Manana. La leadership dell’Anp ha abbassato i toni della polemica con Emirati, Bahrain e Sudan, e forse si accontenterà del colloquio telefonino tra Mohammed VI e Abu Mazen in cui il re marocchino ha ribadito «la sua immutata posizione a sostegno della questione palestinese».

Parlare di accordo di pace tra Tel Aviv e Rabat è a dir poco una esagerazione. Si tratta piuttosto come nel caso di Emirati, Bahrain e Sudan di un nuovo sviluppo dell’assetto strategico arabo-israeliano che si sta realizzando intorno a Israele e Arabia saudita contro l’Iran. I due paesi non sono mai stati realmente in guerra. Il Marocco, o meglio la monarchia ha sempre avuto buone relazioni dietro le quinte con lo Stato di Israele dove sono emigrati centinaia di migliaia di marocchini ebrei. Un milione di israeliani ha origine marocchine, tra questi i ministri Amir Peretz e Miri Regev, l’ex capo di stato maggiore Gadi Eizenkot e numerosi esponenti politici del passato. C’è sempre stato dialogo. I cittadini israeliani, in qualche modo, hanno sempre avuto accesso in Marocco. Presto ci saranno uffici di collegamento, poi delegazioni diplomatiche e voli diretti.

Questa quarta normalizzazione non avviene soltanto a scapito dei diritti dimenticati dei palestinesi. La paga anche un altro popolo. Trump ha annunciato di avere firmato «una proclamazione che riconosce la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale». Secondo la Casa Bianca la «proposta di autonomia seria, credibile e realistica è l’unica base per una soluzione giusta e duratura per garantire pace e prosperità». Mohammed VI, entusiasta, ha definito «una presa di posizione storica» il riconoscimento da parte di Washington della sovranità del Marocco. Qualche media italiano ieri sera scriveva che il Sahara occidentale è un territorio conteso. È un giudizio di parte, schierato a favore delle pretese del Marocco. Il Sahara occidentale è nella lista delle Nazioni Unite come un territorio non autonomo, al Palazzo di Vetro detiene un posto di osservatore ed è rivendicato dal popolo sahrawi in lotta da sempre contro l’occupazione marocchina. Il Fronte Polisario ne ha dichiarato l’indipendenza proclamando la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi. Il mese scorso, dopo una lunghissima tregua, i sahrawi hanno minacciato la guerra per mettere fine all’occupazione marocchina di fronte a un quadro immobile da decenni.

«Il destino del Sahara Occidentale non lo decide un proclama. Questo è un territorio che appartiene ai saharawi e solo loro possono decidere a chi darlo», ha replicato ai tweet di Trump la rappresentante del Fronte Polisario in Italia, Fatima Mahfud. «Per quanto ci riguarda si tratta di una dichiarazione» ha aggiunto «il Sahara Occidentale è un territorio non autonomo, in attesa di un referendum sull’autodeterminazione. Altri movimenti di liberazione nazionale come in Sudafrica, insegna la storia, sono poi usciti vincitori nonostante tutte le vicissitudini».