L’appuntamento è per questa mattina alle 11 in via Gobetti a Bologna. Da lì rom e sinti arrivati da tutta Italia sfileranno in corteo chiedendo che venga messa fine al clima di odio che da mesi sentono crescere intorno alle loro comunità al punto che oggi, a 70 anni dalla fine della guerra, tornano a parlare del rischio di «un nuovo Olocausto». A farlo è stato nei giorni scorsi Davide Casadio, presidente della «Federazione rom e sinti insieme» e promotore della manifestazione che la Lega ha subito definita «una provocazione» e contro la quale Forza Italia ha indetto un sit in oggi pomeriggio.

Timori, quelli delle comunità, condivisi da Santino Spinelli, 50 anni, rom musicista e docente universitario.

Spinelli da giorni le comunità rom e sinti parlano dei rischi di un nuovo Olocausto. Non le sembra esagerato?

No, perché c’è in Italia un’ondata di razzismo che può prendere una deriva pericolosissima. Così è iniziato in Germania con il nazismo. Il clima intimidatorio, di violenza verbale, di strumentalizzazione politica e mediatica di oggi sono gli stessi di allora. Pensiamo alla trasmissione che inventa l’intervista con il finto rom che dice che va a rubare. Sa cosa diceva Goebbels, il ministro della propaganda nazista? Diceva che una bugia ripetuta tante volte diventa verità. Allora la paura qual è? E quella di rischiare una deriva. Oggi persone come Matteo Salvini, con le cose che dicono, incitano all’odio razziale. Prima che questo accada occorre opporsi in maniera civile e democratica sfilando per invertire questa tendenza. Ma le istituzioni perché restano in silenzio?

Perché proprio in questo momento c’è un accanimento contro rom e sinti?

Perché sono i più deboli e perché ci sono le elezioni: si usano i rom per fare campagna elettorale. Ogni volta è così: i rom sono il capro espiatorio ideale, perché sono quelli meno protetti sia politicamente che dalle istituzioni. Quindi tutti possono permettersi di dire qualsiasi cosa sapendo che resteranno impuniti, visto che il razzismo non sembra essere un reato in Italia. Invece vorrei ricordare che il razzismo, la discriminazione e la segregazione razziale sono crimini contro l’umanità. Un Paese civile e democratico come l’Italia non dovrebbe permettere a nessun politico di usare un gruppo etnico per fare campagna elettorale, cosa che invece avviene tranquillamente. Le leggi razziali sono ancora vigenti nella mente e nel cuore di nostalgici e di troppi, troppi italiani.

Rom e sinti non sembrano comunque essere uniti tra loro.

Anche questa è una cosa assurda. C’è qualcuno che sta fomentando questa divisione. Su questo voglio lanciare un grido d’allarme: attenzione perché c’è qualcuno che sta tentando di dividere i rom dai sinti in modo da potersi muovere meglio. Sono i gaggé (chi non è rom né sinti, ndr) che ne hanno tutto l’interesse. In realtà stiamo parlando di due comunità dello stesso popolo. Certo che sono diversi: abbiamo tradizioni diverse, ma solo un accento diverso, perché la lingua è la stessa, il romanì, e abbiamo la stessa storia. Chi dice il contrario è ignorante e soprattutto non consapevole della propria identità e della propria storia. A Bologna bisogna stare attenti e rivendicare i diritti di tutti, perché le discriminazioni le subiscono tutti, sia rom che sinti.

Quali sono i luoghi comuni su rom e sinti che andrebbero eliminati subito?

Che rubano i bambini e che non si vogliono integrare. Questi sono i due luoghi comuni più pericolosi. Ma c’è una cosa che voglio dire: per una seria politica di integrazione bisogna smettere di vedere rom e sinti come un problema sociale – come ci hanno fatto diventare – e cominciare a guardare la ricchezza culturale che rappresentiamo. Se si continua a parlare di rom solo in termini di problema sociale, noi continueremo a esserlo. Invece siamo una grande ricchezza culturale. Un popolo può essere integrato solo se la sua cultura viene riconosciuta interamente.