A soli 13 anni, è già vittima di una vicenda – familiare e giudiziaria – inquietante.

Sottratto ai genitori, «entrambi decaduti dalla responsabilità genitoriale» con decreto del Tribunale per i minorenni. Il padre accusato di abusi sessuali: assolto per insufficienza di prove, con la Procura che ricorre in appello. La madre, secondo la relazione dei servizi sociali, «addebitata» degli atteggiamenti effeminati del ragazzino che viveva insieme alle sorelle. La storia è stata pubblicata ieri dal quotidiano il mattino di Padova con un’immediata eco nazionale.

Un contesto decisamente difficile, spinoso e complicato. Un ginepraio di vite contorte nella provincia padovana, cui si aggiungono le carte bollate della giustizia.

Del provvedimento fa specie il passaggio dedicato ad alcuni episodi accaduti a scuola: occhi truccati, smalto sulle unghie, brillantini in faccia. «Il suo mondo affettivo risultava legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appariva connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale».

Grida alla discriminazione sessuale l’avvocato Francesco Miraglia (che tutela la madre, come già era successo nel 2012 con il caso del bambino conteso a Cittadella approdato in tv e parlamento): «Trovo scandalosa la decisione di allontanare un ragazzino solo per l’atteggiamento effeminato. Mi sembra un provvedimento di pura discriminazione. Non sappiamo quale sia il suo orientamento sessuale. E il problema ancora più grave è che non esistono comunità che possano accogliere un ragazzino che potrebbe essere omosessuale. A me sembra di una gravità inaudita: non si può accettare che possa essere discriminato dal tribunale».

Il deputato Pd Alessandro Zan ha già depositato un’interrogazione urgente al governo: «Quando la discriminazione proviene da chi invece dovrebbe proteggerci, quando la sentenza di un tribunale ci dice di più su chi giudica che non sul fatto da giudicare e quando tutto questo mette a rischio i diritti di un minore non possiamo non chiederci dove e quando il sistema di garanzie di uno Stato civile ha smesso di funzionare» dichiara l’ex presidente di ArciGay e assessore comunale.

Replica Maria Teresa Rossi, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia: «Non allontaniamo un minore dalla famiglia perché ha un atteggiamento effeminato. Noi non facciamo discriminazioni di natura sessuale o di tendenza. Ogni provvedimento che limita la responsabilità genitoriale è legato a una visione complessiva che riguarda l’adeguatezza o meno dei genitori a svolgere il proprio ruolo e la tutela del minore, che è il nostro interesse primario, può portare a una riduzione della loro stessa responsabilità».

La diatriba legale era iniziata con il processo per violenza sessuale. L’avvocato Miraglia sostiene che «nella sentenza si dice che non si ha motivo di dubitare dei fatti raccontanti dal bambino». Il padre però in primo grado è assolto. E la madre, nei documenti dei servizi sociali, viene indicata come responsabile del «comportamento oppositivo» perché il ragazzo si rifiuta di vedere il padre. Di qui il primo decreto del Tribunale per i minori, che dispone l’allontanamento dai genitori: dalle 7 fino alle 19 il ragazzo è affidato ad una comunità protetta.

Si manifestano, insieme ai disturbi, «atteggiamenti effeminati». Tutto segnalato agli assistenti sociali che predispongono la relazione al Tribunale. E scatta il secondo decreto con la fissazione dell’udienza, mentre il minore è sottratto a entrambi i genitori. Agli atti, insieme al disagio psichico, c’è l’esplicito riferimento ai trucchi. Per la madre, l’episodio risale alla festa di Halloween: «In ogni caso, per me, anche se fosse omosessuale, non sarebbe certo un problema» aggiunge.

Nella relazione si descrive un minore con disturbo di personalità: «Con i pari età e gli adulti è aggressivo, provocatorio, maleducato, tende a fare l’eccentrico. Tende in tutti i modi ad affermare che è diverso: ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio». E la conclusione è la «necessità di permettere un funzionamento differenziato rispetto a quello materno» in ambiente alternativo alla famiglia.

Presto il “caso” approderà in aula con i giudici chiamati a sentenziare sul futuro, ammesso che questa storia si possa davvero risolvere solo in base alle procedure legali.