Sette feriti e una vetrata in frantumi è la conta dei danni ieri al tribunale di Napoli, secondo giorno di controlli serrati dopo la strage al palazzo di Giustizia di Milano. Lunedì gli avvocati erano arrivati al Centro direzionale trovando nuove misure di sicurezza: per accedere alle aule bisognava passare attraverso il metal detector, uno solo, all’ingresso principale in piazza Cenni; da via Grimaldi è rotto e quindi le guardie giurate perquisivano gli effetti personali a mano. Una serpentina di gente in fila si era sviluppata nell’ampia spianata che separa il tribunale dai grattacieli antistanti.

Ieri è stato peggio: martedì e giovedì ci sono le udienze civili e gli accessi aumentano. Così la coda è diventata interminabile fin dalle sette di mattina: tempo d’attesa medio tre ore, la folla ha iniziato a invadere anche le strade, tra auto e pedoni.

La situazione è diventata talmente caotica da costringere i vigili a chiudere al traffico la via laterale. Il malumore tra gli avvocati era già diffuso dal giorno prima, quando aveva cominciato a girare la voce che ai magistrati era consentito saltare i controlli. Martedì i nervi hanno cominciato a saltare e la folla a premere al grido di “Fateci entrare, vergogna”. Un gruppo cerca di forzare il blocco da via Grimaldi, un carabiniere chiude l’ingresso, la calca preme e il vetro della porta va in frantumi. Quattro agenti della polizia penitenziaria e un dipendente vengono feriti dalle schegge, un altro agente strattonato, un’avvocata viene travolta dalla rissa e portata via in ambulanza.

Due legali sono stati identificati e probabilmente dovranno rispondere dei danni. Protesta l’Ordine degli avvocati, che ha indetto tre giorni di astensione dalle udienze a partire da oggi.

Martedì, a metà mattinata, la marcia indietro: il procuratore generale di Napoli facente funzioni, Francesco Mastrominico, dopo i tafferugli, ha dato disposizione, per motivi di ordine pubblico, di consentire l’accesso ai legali con la sola esibizione del tesserino. Cioè esattamente quanto accadeva fino alla scorsa settimana. Così gli ingressi intorno mezzogiorno sono ripresi ma in un clima teso, costretti a sfilare sotto la vigilanza degli agenti in divisa, circondati da camionette delle forze dell’ordine.

Il problema resta invariato per il pubblico, che ha ancora l’obbligo di sottoporsi al metal detector ed esibire i documenti personali che devono essere scannerizzati. Lunedì funzionava uno scanner solo, ieri due. Se chiedi agli avvocati, ti rispondono che la prassi è sempre stata questa: salutare, mostrare il tesserino ai vigilantes e passare. “In altri tribunali ’caldi’ come Santa Maria Capua Vetere o Aversa non c’è bisogno di esibirlo – raccontano -, ti salutano, ti chiedono perché sei lì e ti fanno passare. Certo, fuori ci sono i militari con dei fucili a tracolla che sembrano dei cecchini ma hai l’impressione che siano lì più per fare scena che altro”.

Dopo i fatti di Milano “l’esecutivo ha scoperto che servono i controlli” ironizzava ieri il vicepresidente della Camera, il grillino Luigi Di Maio: “Per drenare soldi verso i 14 miliardi di euro dei caccia bombardieri F35 tutti i governi degli ultimi quattro anni hanno chiuso centinaia di tribunali. Congestionando quelli rimanenti. È il caso del nuovo tribunale di Napoli Nord che è appena nato ed è già bloccato. Pieno zeppo di cause in un’area geografica enorme e assai delicata”.

Protesta anche il coordinamento sindacale penitenziario: “Avevamo richiesto per questo tipo di operazione di polizia, a tutela dei varchi e tornelli degli accessi ai Palazzi di Giustizia e ai magistrati, maggiori misure di sicurezza tra cui almeno 5mila nuovo agenti della Polizia penitenziaria, da assumere in tutta Italia”.