L’inceneritore di Pisa è stato spento per aver superato i limiti di legge su diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici. Mentre quello di Prato è finito nel mirino della Commissione europea, che chiede alla società di gestione e agli enti locali di conoscere al più presto quali misure sono state adottate per abbassare i livelli di inquinamento registrati nella zona. È stata una settimana nera per i sostenitori dell’impiantistica inceneritrice. Che a dispetto dei fatti, e delle mai sopite proteste popolari, progettano «adeguamenti» – cioè potenziamenti – delle strutture. E addirittura nuovi inceneritori, come quello che è già in costruzione nella Piana fiorentina.
Sull’impianto pisano di Ospedaletto è arrivato il cartellino rosso dell’Arpat, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, che in uno dei suoi periodici controlli ha rilevato lo sforamento dei limiti del parametro diossine-furani e del parametro Ipa. Residui cancerogeni, dichiaratamente molto pericolosi per la salute. Da Paolo Marconcini, che guida la società di gestione Geofor, è arrivata la pur diplomatica ammissione di una situazione non preventivata: «Stiamo attendendo l’esito delle nostre analisi, secondo il protocollo stabilito nelle autorizzazioni Aia, e anche le analisi di campionamento in continuo, per chiarire e identificare il problema».
Geofor punta comunque a una riaccensione in tempi brevi, e mette in cantiere la sostituzione dei filtri come soluzione per le emissioni inquinanti. Ma i critici del modello inceneritorista danno una diversa, puntuale chiave di lettura. «Ci sono delle volte che dispiace veder confermate le proprie ragioni – osserva Ciccio Auletta – non può farci piacere sapere che avevamo ragione nel chiedere la chiusura dell’inceneritore. A parte l’ulteriore conferma della nocività intrinseca di questi impianti, Ospedaletto è entrato in crisi soprattutto per l’incremento, seppure modesto, della raccolta differenziata. Questo ha determinato un aumento del potere calorifico dei rifiuti. Incompatibile con la tecnologia dell’impianto, a suo tempo programmata per smaltire rifiuti indifferenziati con elevate quantità di frazioni umide».
Da Auletta, candidato sindaco della lista di cittadinanza Una città in comune e di Rifondazione comunista, arriva anche un monito: «Lo stop all’inceneritore arriva a pochi giorni dall’inizio del cosiddetto piano strategico d’area. Un piano apertamente contestato dai cittadini che hanno dato vita al comitato Non bruciamoci Pisa. E che paradossalmente prevede un nuovo e costosissimo intervento di adeguamento dell’inceneritore. Mi chiedo quante conferme dovranno ancora arrivare, sull’inadeguatezza delle strategie di gestione dei rifiuti sostenute in questi anni».
Strategie sulle quali, nella non lontana Prato, ha buttato l’occhio anche l’Ue. Il commissario all’ambiente Janez Potocnik ha chiesto ufficialmente di avere notizie sulle misure adottate per ridurre drasticamente le emissioni dell’inceneritore di Baciacavallo. Il caso è stato portato alla luce dall’eurodeputato pratese Claudio Morganti, che in una sua interrogazione ha segnalato la presenza in campioni di animali nelle aree vicine di una concentrazione di diossina ben superiore ai limiti di legge. «Visto il riscontro della commissione – chiede il liberaldemocratico Morganti recentemente espulso dalla Lega – mi aspetto di veder arrivare a Bruxelles al più presto analisi aggiornate sull’impianto di Baciacavallo e sulle sue ricadute nelle zone limitrofe, visto che da anni gli abitanti di queste aree hanno lanciato l’allarme sui livelli di inquinamento.