Ritorna il campionato del mondo di scacchi. Stavolta, a sfidare il campione in carica, il norvegese Magnus Carlsen, è il russo Sergej Karjakin. A New York, si giocano 12 partite, dall’11 al 30 novembre, e tutto lascia presagire che il match possa rientrare nel gotha degli incontri che hanno segnato immaginario collettivo, società e politica.
Il secolo scorso ci aveva abituato alle sfide fumose tra Capablanca e Lasker, alla cortina di ferro tra Fischer e Spassky e, da ultimo, alle opere d’arte di Garry Kasparov.
Ora tocca a due giovanissimi nativi digitali rappresentare un gioco che sta cambiando pelle. Come nei migliori confronti mondiali andati in scena finora, la sfida sulla scacchiera è solo la punta dell’iceberg di una fittissima serie di trame.
A partire dal luogo nel quale le partite si stanno disputando, Fulton Market, a pochi passi da Ground Zero e a pochi giorni dell’elezione del mogul newyorkese Donald J. Trump.
Non un caso. Nelle intenzioni della Federazione e degli organizzatori privati, è chiara la volontà di dare all’evento la maggiore visibilità possibile e di ottenere, di conseguenza, il massimo profitto. Questa la prima scommessa sul tavolo.
Con il match di New York, gli scacchi stanno tentando l’assalto ai grandi capitali. E i presupposti ci sono tutti, a partire dal campione in carica, Magnus Carlsen.
Il giovane, 25 anni, al contrario di molti suoi predecessori, frequenta già il mondo patinato delle star: ha contratti con marchi alla moda, si fa vedere nei salotti mondani ed è sostenuto da sponsor milionari.
Il norvegese strizza l’occhio al mondo dello spettacolo, ma dietro lo sguardo smart, ha occhi profondissimi che sembrano perdersi nel vuoto. Segno del suo genio assoluto.

Lo chiamano il «Mozart degli scacchi», ha raggiunto il punteggio Elo più alto di sempre e gioca come nessuno ha mai fatto. Primo figlio di quella generazione di scacchisti cresciuti con il computer, le sue partite hanno portato un nuovo paradigma nel gioco, come pochi altri campioni prima di lui sono stati in grado di fare.
Spazzate via le interminabili analisi di varianti d’apertura, dimenticati i sacrifici propri degli scacchi romantici, Carlsen ha un gioco asettico e sfrutta, fino a renderli decisivi, i piccoli errori dell’avversario, che anche i migliori software considerano ininfluenti.
Per anni il suo stile è stato ritenuto poco spettacolare dalla critica, e solo ora si inizia a comprendere la reale profondità del suo gioco.
A New York arriva da favorito, e se dovesse mantenere il titolo, entrerebbe di diritto nel circolo ristretto delle leggende.
Di altra risma il suo avversario. Sergey Karjakin è stato il giocatore più giovane nella storia a conseguire il titolo di Grande Maestro, a 13 anni.
Dietro di lui, la macchina da guerra russa. Letteralmente. Lo sfidante è considerato il pupillo di Vladimir Putin, di origini ucraine, si è sempre espresso a favore dell’invasione russa.
Al suo seguito a New York sono arrivati numerosi delegati del governo di Mosca. Oltre a fare il tifo per il loro campione, i diplomatici sono in città anche per risolvere un’importante impasse diplomatica tra Stati uniti e Russia.
Per la prima volta da quando si disputa un campionato mondiale, il presidente della federazione internazionale, il russo Kirsan Ilyumzhinov, non parteciperà all’evento. Questo perché il Dipartimento del Tesoro americano gli ha rifiutato il visto a pochi giorni dalla partenza.
Secondo gli americani, il russo sarebbe responsabile di mantenere rapporti con governo e banche siriane. La decisione ha fatto imbestialire Mosca. «Decisione grottesca che colpisce duramente le relazioni fra i due paesi» ha dichiarato la portavoce del governo russo Maria Zakharova.
Questo il clima che ha segnato l’avvicinamento alla prima mossa. Per un soffio eravamo ancora nell’era Obama.
Venerdì si sono aperte le porte di Fulton Market, downtown Manhattan, in mezzo a televisioni e giornali da tutto il mondo. Nella conferenza stampa che ha preceduto l’inizio dei giochi, i due avevano già cominciato la tremenda battaglia psicologica che li accompagnerà per le prossime tre settimane.
Dall’entourage di Carlsen è emersa la preoccupazione che qualche hacker russo potesse rubare i segreti custoditi nei database del norvegese.
Ospite d’onore della cerimonia d’apertura l’attore hollywoodiano Woody Harrelson, in linea con la volontà degli organizzatori di mettere in scena un evento attraente anche per il grande pubblico.
Vanno lette in questo senso le proibizioni fatte da Agon, l’azienda che possiede i diritti dell’evento, di trasmettere pubblicamente o in streaming la partita.
Per vedere la diretta dello scontro, bisogna acquistare un abbonamento sul sito dell’evento. Con 50 dollari è perfino possibile assistere alla partita in 3d. Questa decisione ha fatto imbestialire il popolo degli scacchi, abituato a discutere in diretta nei circoli di tutto il mondo quanto succede sulla scacchiera più importante.
Si sta assistendo alla privatizzazione del gioco, al tentativo di farlo diventare un business vero e proprio. Con tutto ciò che ne consegue.
Poi la prima partita è finalmente cominciata. In una stanza iperovattata, i due giocatori si sono stretti la mano, circondati dai flash dei fotografi. Pochi minuti per le foto di rito e poi è calato il silenzio. Nella sala sono rimasti solo loro.
Karjakin era sicuramente più agitato, è la prima volta che ha la possibilità di diventare il campione del mondo. Carlsen è già al terzo appuntamento. In passato, ha sconfitto due volte il talento indiano Vishy Anand.
Con lo sguardo perso nel vuoto il norvegese ha fatto la prima mossa. In molti si domandavano cosa avrebbe giocato. Alla fine, ha optato per una partita di donna, attacco Trompowsky. Mossa sorprendente: non si giocava in un campionato del mondo da dieci anni.
Nei circoli di scacchi di mezzo mondo, quest’apertura viene chiamata la Tromp e in America ha la stessa pronuncia di TrumpNei circoli di scacchi di mezzo mondo, quest’apertura viene chiamata la Tromp e in America ha la stessa pronuncia di Trump.
Al termine della prima partita, conclusa con una patta, abbiamo provato a chiedere al campione se nella scelta della variante ci fosse un ironico rimando al neo-eletto presidente degli Stati uniti, che per qualche mese abiterà ancora a pochi passi da dove si sta disputando il mondiale. Carlsen non ha risposto, ma ha sorriso per un istante prima di ripiombare nelle sue profondissime riflessioni fatte di imperscrutabili geometrie.