Era il 25 marzo 2010. Una data anonima e sconosciuta ma che come spesso accade segna un evento capitale: la nascita della Troika. Cercando la sua origine si arriva alla Dichiarazione dei capi di stato e di governo dell’Eurozona di tale data per vedere prefigurare il dispositivo di potere consistente nella convergenza di Commissione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea. Troika per i nemici.

Il tema era la Grecia, la Dichiarazione prometteva di difendere la «stabilità finanziaria e dell’euro» condizionando i prestiti al paese ellenico alle dichiarazioni congiunte delle suddette istituzioni. Le famose condizionalità di Banca mondiale e Fondo monetario (tagli alla spesa, privatizzazioni, precariato) risorgono nel 2010 in europa. Nascita della Troika.

Dopo quattro anni i risultati sono disastrosi. Oramai non riusciamo a star dietro ai rapporti, relazioni, studi sui danni inflitti dalle politiche di austerità. Dal Consiglio d’Europa alla Camera del lavoro di Vienna, dalla Caritas fino al parlamento europeo. Già, perché in seno a esso è stata approvata una indagine conoscitiva che dovrebbe verificare: le basi legali, mandato e struttura della Troika, il processo decisionale, la legittimità democratica, la base scientifico-economica delle decisioni e le conseguenze di esse per i paesi sottoposti alla «cura»: Cipro, Portogallo, Irlanda, Grecia. La relazione finale, approvata dalle commissioni a fine febbraio, è stata favorevolmente sottoposta a voto dall’europarlamento il 13 marzo scorso.

Il testo approvato se non è una bocciatura totale delle politiche di austerità degli ultimi anni, ci si avvicina abbastanza. I paragrafi si articolano grosso modo secondo i punti sopra citati, dopo un riassunto della situazione economica dei paesi interessati prima e dopo la cura. Nonostante i vistosi limiti si fa presente con chiarezza che ineguaglianza e povertà in seguito alle politiche della Troika sono cresciute; che gli obiettivi nel lungo periodo non è detto siano stati raggiunti (fiducia dei mercati e calo degli spread), che le azioni sono state prese in base a previsioni errate. Critica inoltre la struttura della Troika, le cui componenti sono al tempo stesso istituzioni dell’Unione e mandatari degli stati membri (un possibile conflitto d’interessi, dato che gli interessi degli Stati possono divergere dalle norme comuni). Si critica la scarsa trasparenza verso i parlamenti nazionali e il fatto che l’adesione alle condizionalità sia stata vissuta dalle assemblee di tali paesi come l’alternativa fra la ratifica o la bancarotta.

Troikawatch è critica verso il rapporto, che non mette in questione i salvataggi bancari, sostanzialmente accettando lo scenario di fondo mainstream, né sottolineando che il sistema bancario europeo è stato preservato sulla pelle di pochi paesi. Da una parte il testo sconta la sua natura di stile burocratico-procedurale, volto a ricondurre tutto nei meandri del diritto europeo, tralasciando pudicamente gli aspetti più politici o inerenti alla nuda realtà sociale. Dall’altro è l’emanazione dello stesso assetto eurocratico di cui riconosce implicitamente la legittimità e la vigenza giuridica senza azzardare una visione critica dei loro fondamenti. È comunque incoraggiante che il fallimento dell’austerità sia così evidente che sia davvero difficile far finta di non vederlo – anche col felpato linguaggio burocratico di Bruxelles – dopo ben quattro anni (compiuti pochi giorni fa!) di condizionalità. Forse sono quattro anni di troppo, non solo per noi.

Buon compleanno, Troika.