Alle undici di mattina di sabato 10 luglio un uomo esce dall’ospedale di Battipaglia. È alto, corpulento, porta gli occhiali da vista, capelli bianchi e corti. Ha uno sguardo molto serio e non sorride, parla in spagnolo. Appena viene dimesso gli uomini del Ros di Roma lo circondano e lo arrestano.

L’uomo è Jorge Nestor Troccoli, ha 72 anni e il 9 luglio la Corte di Cassazione lo ha condannato all’ergastolo per il sequestro, la tortura e l’omicidio di 26 persone (sei cittadini italiani e 20 uruguaiani). Troccoli, ex fuciliere della marina uruguaiana, era un militare di spicco dell’intelligence durante i feroci tempi della dittatura.

Erano gli anni ’70 e il continente sudamericano era martoriato dai regimi militari: chiunque si opponeva veniva sequestrato, torturato, ucciso e fatto sparire. Erano gli anni dei desaparecidos.

Per catturare e uccidere i militanti esiliati in altri Paesi latinoamericani, Stati uniti o Europa, nel novembre del ’75 otto regimi militari hanno dato il via alla cosiddetta Operazione Condor: un coordinamento segreto delle forze di intelligence che avevano il compito di uccidere gli oppositori in esilio.

Per indagare sulla morte degli italiani scomparsi nell’ambito dell’Operazione Condor a Roma nel 2015 è stato istruito un processo che si è concluso venerdì con la sentenza definitiva della Cassazione: 14 ergastoli, fra cui spicca l’ex fuciliere Jorge Nestor Troccoli che dal 2007 si è rifugiato in Italia. Da ieri è detenuto al carcere di Fuorni a Salerno.

Fonti riservate ci riferiscono che l’ex fuciliere si sarebbe recato all’ospedale di Battipaglia il giorno della lettura della sentenza per sottoporsi ad alcuni esami medici per accertare se potesse scontare l’eventuale condanna in carcere.

Dalle stesse fonti si apprende che il magistrato di sorveglianza starebbe già valutando il caso di Troccoli e dovrebbe decidere nei prossimi giorni (entro un massimo di due settimane) se sconterà la condanna ai domiciliari o in una struttura carceraria.

Se dovesse prevalere la seconda ipotesi, le autorità dovranno decidere dove l’ex militare sconterà la condanna: sembra improbabile che resterà nel carcere di Fuorni, a Salerno, dedicato in larga maggioranza a casi in transito.

Come ci spiega Jorge Ithurburu, presidente della 24Marzo: «Sono decine le famiglie che, ancora oggi, aspettano di trovare i corpi dei familiari scomparsi. Troccoli non ha ancora detto dove si trovano i loro cadaveri, è ancora in tempo per farlo».

Grande commozione per la sentenza da parte dei familiari, fra cui Aurora Meloni, moglie di Daniel Banfi, torturato e ucciso nel 1974 a Buenos Aires: «Finalmente, dopo questa sentenza, mi sento libera. Sono 47 anni che lotto per cercare giustizia e oggi, dopo così tanti anni, è arrivata».

Soddisfazione anche per Mirtha Guianze, ex procuratrice che ha istruito il processo contro Troccoli in Uruguay e che ha avviato tutti i principali procedimenti giudiziari contro gli aguzzini della dittatura, che dice: «Questa sentenza – ci dice – chiude un ciclo iniziato nel 2007 quando ho aperto il processo contro Troccoli e lui si è dato alla fuga in Italia. È fondamentale inoltre che un tribunale internazionale abbia riconosciuto l’esistenza dell’Operazione Condor».

Come afferma Rafael Michelini, ex senatore, attuale vicepresidente della Internacional Socialista e figlio di Zelmar Michelini, principale politico oppositore della dittatura uruguaiana assassinato nel ’76 a Buenos Aires: «Chi ha torturato, ucciso e fatto sparire non può rimanere impunito. Questa sentenza lo dimostra».