«Meno male che sulla nostra nave può nascere una bambina altrimenti il Mediterraneo sarebbe sia culla che tomba». Così Matteo Renzi, alla Leopolda domenica scorsa, rivendicando il salvataggio di decine di migliaia di vite umane con l’operazione Mare Nostrum e ribadendo la necessità di interventi analoghi che restituiscano dignità e orgoglio alla politica italiana in Europa.

L’ipotesi che dal primo novembre il Canale di Sicilia torni a essere la tomba del Mediterraneo appare sempre più vicina dopo la conferma di ieri da parte dei ministri dell’Interno e della Difesa dell’avvio di Triton (missione dell’Unione europea) e la fine di Mare Nostrum. Alfano ha ripetuto che l’Europa non scenderà in mare con le stesse modalità di Mare Nostrum, che sono ritenute troppe avanzate dal punto di vista della linea di intervento della Marina militare, ma attraverso il presidio della frontiera di Schengen a trenta miglia dalle coste italiane.

Salvataggio versus pattugliamento, in sintesi. Come se, oltre le trenta miglia dalla costa, il salvataggio di uomini, donne e bambini non rappresentasse più un dovere morale. E non valesse la spesa di 9 milioni di euro al mese. Ed è difficile sostenere una posizione di questo tipo argomentando, come ha fatto Alfano, che l’operazione italiana, che ha tratto in salvo in un anno di attività oltre centocinquantamila persone, è nata dall’esigenza di far fronte a una situazione definita dallo stesso ministro di emergenza: ovvero quella delle partenze serrate dalle coste del Nord Africa di profughi diretti in Europa. Lo scenario del Mediterraneo non è mutato rispetto a un anno fa e dunque non si capisce perché mai dovrebbe cambiare lo strumento con cui si interviene.

È chiaro, invece, che il numero dei fuggiaschi è destinato ad aumentare, e che siamo di fronte a un fenomeno di portata enorme riguardante migliaia di persone. O milioni, se si pensa ai numeri dei profughi attualmente accolti in Libano, in Giordania, in Turchia. La scelta di intraprendere quel viaggio non è legata alla speranza di salvataggio offerta da Mare Nostrum, come ha ben dimostrato l’ammiraglio De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina, nel corso di un’audizione al Senato nel settembre scorso.

La decisione del primo ministro inglese di non sostenere le operazioni Ue in mare perché creerebbero un «fattore d’attrazione» involontario appare frutto di una non conoscenza del fenomeno. L’incremento del numero dei migranti non si è registrato nel 2014, bensì prima dell’ottobre 2013.
L’impennata vera a cui si è assistito riguarda la cifra riferita a quanti hanno perso la vita nel Canale di Sicilia: oltre ventimila negli ultimi vent’anni, oltre a un numero altissimo e indefinito di dispersi. Ecco perché il 18 ottobre 2013, di fronte alle centinaia di morti dei tragici naufragi del 3 e 11 ottobre che si sono verificati a largo di Lampedusa, il governo italiano aveva deciso di intervenire, assicurando un «presidio» navale in alto mare per la tutela della vita umana e l’assistenza umanitaria.

A un anno dall’inizio della operazione è la stessa Marina a darne conto con un comunicato da cui traspare tutto l’orgoglio per quanto è stato fatto e, probabilmente, per quanto ancora si vorrebbe continuare a fare: «dopo 365 giorni di attività, condotta 24 ore su 24, i migranti assistiti dai mezzi impegnati nel dispositivo Mare nostrum sono stati oltre 150 mila tra uomini, donne e bambini».

E ha fatto bene la Marina a promuovere la produzione del film «La scelta di Catia», andato in onda sulla Rai, per far conoscere nei dettagli l’operazione, evidenziandone il lato umano e umanitario, lasciando seguire da molto vicino tutte le fasi del soccorso e provando a trasmettere le emozioni, fortissime, di chi ogni giorno, da un anno, contribuisce a quella missione.

Ma come fare affinché l’orgoglio di aver salvato migliaia di vite da più parti citato penetri in profondità nel paese e influenzi le scelte del governo?

Ancora ieri, nella conferenza stampa dei due ministri, quella parola è risuonata più volte, ma svuotata di senso mentre si delineava con malcelato imbarazzo una strategia di intervento in mare vaga, dai contorni per niente chiari e che lascia immaginare conseguenze drammatiche.
L’unica certezza, oggi, è che nel momento in cui Mare Nostrum si fermerà, torneremo a trovarci di fronte a nuove e ripetute tragedie e alle migliaia di vittime che, il giorno successivo alla fine dell’operazione, il mare ci restituirà.