Trionfa il centrodestra con exploit dei populisti
Estonia «Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte tira il vento», sostiene Bob Dylan. Ed effettivamente su tutto il Vecchio Continente continua a soffiare un vento di […]
Estonia «Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte tira il vento», sostiene Bob Dylan. Ed effettivamente su tutto il Vecchio Continente continua a soffiare un vento di […]
«Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte tira il vento», sostiene Bob Dylan. Ed effettivamente su tutto il Vecchio Continente continua a soffiare un vento di destra: un mix di xenofobia, neoliberismo e sovranismo che sembra travolgere tutto. Non ne è esente neppure l’Estonia andata domenica al voto, dove gli elettori hanno premiato l’opposizione di destra. Riforma, il partito che si ispira agli insegnamenti di von Hayek e dei Chicago Boys, balza al 28,8% e diventa il primo partito. Ha basato la sua campagna sulla richiesta di tagli drastici alle tasse per le imprese, di una cura dimagrante del welfare state e ha chiesto a gran voce la chiusura delle scuole bilingui russo-estoni frequentate dalla minoranza russofona (il 25% della popolazione). Favorevole a quest’ultima proposta, che farebbe fare un passo indietro al piccolo paese baltico in termini di diritti delle minoranze di 20 anni, anche il partito conservatore del popolo di Mart Helme dietro il cui nome si nasconde una formazione neofascista, xenofoba e razzista.
È questa formazione ad aver avuto il balzo in avanti più grande nelle urne passando dal 8,1% al 17,7% e quadruplicando i seggi. Le loro parole d’ordine contro le quote di rifugiati imposte dalla Ue, per la costruzione di ghetti per migranti, contro i diritti delle persone lgbt hanno fatto presa in quelle fasce della popolazione della classe media ma anche operaia che dopo aver visto crescere il loro tenore di vita negli ultimi anni, invocano una chiusura egoistica.
Escono ridimensionati i partiti della coalizione di centro-sinistra che hanno guidato il paese dal 2016 in poi. Tonfo dei socialdemocratici, eredi del comunismo sovietico: perdono il 5,3% dei voti e 5 deputati e si assesta al 9,8%. In calo anche il partito di centro perno della coalizione uscente e sostenuto da buona parte della minoranza russa che perde il primato e il 2% dei voti scendendo al 23,1% e il moderato Patria che scivola al 11,4%. Restano fuori dal parlamento con il 2% dei suffragi i verdi.
Si apre ora una fase complesse dalla vita politica del paese. Non solo il tripartito finora al governo, ma anche Riforma per bocca della sua leader Kaja Kallas ha escluso qualsiasi possibile collaborazione con i neofascisti. I quali non sembrano molto preoccuparsene. «Alle europee saremo il primo partito e spazzeremo via la vecchia politica» ha proclamato Helme commentando il voto. Ma difficilmente potrà tornare a governare la vecchia coalizione che ha ottenuto importanti risultati sul piano della crescita economica ma è stata punita dall’elettorato. Risulta anche improbabile un’alleanza tra i due partiti maggiori: a dividerli profondamente resta l’atteggiamento da avere con i russofoni. Non si esclude quindi l’ipotesi di un governo con tutti dentro ad esclusione dell’estrema destra, in attesa che il voto dell’europarlamento possa chiarire la situazione. Un governissimo che rischia però di essere l’apprendista stregone del rampante neofascismo estone.
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