Consorzio Venezia… Giulia? Dal municipio al porto, dalle assicurazioni alla logistica marina, dalla multiutility all’informazione: un po’ dovunque Trieste dichiara l’indissolubile legame con i protagonisti dell’inchiesta sul Mose.

A cominciare dal leone di San Marco, simbolo delle Generali. Il colosso delle polizze fondato nel 1831 aveva sostenuto nel 2011 la scalata di Fonsai da parte di Roberto Meneguzzo, amministratore delegato di Palladio Finanziaria, che ha tentato il suicidio dopo l’arresto e ora è ai domiciliari. Ma dalla laguna al mare si rivela davvero impressionante l’elenco di nomi, società, interessi e affari spacciati come macro-regione del Terzo Millennio.
«Il Nord Est sono io» garantiva Giancarlo Galan nell’intervista a Paolo Possamai: il «doge» è alle prese con le accuse di Mazzacurati & Baita, mentre l’interlocutore sussidiario ora dirige lo storico quotidiano Il Piccolo. Del resto, ogni quarto d’ora gli automi Micheze e Jacheze martellano l’alabarda formato comunale: governa il centrosinistra con una clamorosa connessione. Il sindaco democratico Roberto Cosolini ha messo la cultura triestina nelle mani di Franco Miracco. Figlio del segretario municipale di Cervarese Santa Croce, dai Colli Euganei si trasferisce a Venezia dove nel 1986 diventa capo ufficio stampa del Consorzio Venezia Nuova chiamato dal presidente Luigi Zanda. Dopo 14 anni, l’ex critico d’arte del manifesto sarà portavoce del governatore e ministro Galan. Siede in giunta, a Trieste, come perfetto assessore bipartisan.

Uomini funzionali, dal profilo insindacabile. Come Francesco Giordano, il commercialista di fiducia di Giovanni Mazzacurati. E non solo. Fu «assunto» da AcegasAps nel delicato ruolo di revisore dei conti dell’azienda di servizi di Trieste e Padova quotata in Borsa. Anche Giordano è stato arrestato il 4 giugno. La sua nomina nel 2007 era politicamente corretta: indicato da Flavio Zanonato, sindaco Pd, d’intesa con l’amministratore delegato della multiutility Cesare Pillon che ha appena perfezionato il «trasloco» per incorporazione in Hera. Il curriculum di Giordano parlava chiaro: una trentina di cariche in società del calibro di Arsenale Venezia Spa, Beton Brenta di Grantorto, Egmont Soa, Fondo solidarietà ecclesiale di Padova, Friuli Terminal Gate, Scarl ex dipendenti Magazzini Generali Padova, Thetis Spa, Ubs Fiduciaria di Milano.

E nelle rive di Trieste – fra gli stucchi di piazza Unità e la storia del molo Audace – l’eco dell’inchiesta sul Mose risuona in continuazione. La nuova piattaforma logistica del Porto che vale 132 milioni di euro? Era già stata assegnata (compresa la gestione del primo lotto) alla cordata guidata dalla Mantovani Spa supportata con il 10% da Venice Green Terminal Srl e Samer Seaport & Terminals Srl. Ma Marina Monassi, che guida l’Autorità portuale di Trieste dopo esser stata direttore generale di AcegasAps, ha dovuto fare marcia indietro: Mantovani esclusa dal mega-appalto che passa a Icop, Francesco Parisi Casa di Spedizioni Spa, Interporto Bologna Spa e Cosmo Ambiente Srl. Si tratta di un’area di 122 mila metri quadri dove sorgerà una banchina di 480 metri, in cui potranno attraccare anche le navi ro-ro senza più bisogno delle gru. Per altro, il pm Federico Frezza e la Guardia di Finanza hanno acquisito i verbali della commissione del Porto sulla gara d’appalto vinta dalla Mantovani Spa…

Non basta, perché nell’altro super-progetto al Porto Vecchio spiccano Maltauro e Ezzani De Eccher. L’impresa vicentina incarna il link del «sistema Mose» con Expo 2015 a Milano; il gruppo friulano ha invece assorbito Sacaim, impresa che nei verbali veneziani è citata in riferimento a Lino Brentan e al Pd. A Trieste entrambe puntano alla rigenerazione di 40 ettari con un investimento stimato in 500 milioni, in base all’apposita variante urbanistica del 2007. Alla riqualificazione del “cuore” asburgico di Trieste fa da contraltare il porto turistico con 360 posti-barca. Tutto in base alla concessione demaniale di… 70 anni già sottoscritta per l’area di circa 450 mila metri quadri. Operazione gestita da Sinloc, braccio operativo delle fondazioni bancarie (Compagnia di San Paolo,  Cassa di risparmio in Bologna  e Cassa di risparmio di Padova e Rovigo affiancate da Cassa depositi e prestiti) presieduto dall’ex rettore del Bo Gilberto Muraro. Nel pool originario c’era Banca infrastrutture, innovazione e sviluppo (creata da Corrado Passera e chiusa nella primavera 2012) sempre del Gruppo Intesa.

Infine, l’intervento immobiliare a Duino Aurisina dove si va materializzando la “cittadella turistica” nell’ex cava: un borgo sul mare e uno residenziale, hotel, park sotterrani, 5 piscine, 11 bar e ristoranti, il centro benessere e un centinaio di posti barca. Procedura preliminare dell’affare con Bovis Land Lease, la stessa che si era preoccupata del «pacchetto» nuovo ospedale di Padova (due miliardi di project) caldeggiato dall’asse Mazzacurati-Galan-Zanonato. Poi scende in campo Serenissima Sgr con il fondo chiuso «Rilke»: da dieci anni opera su iniziativa dell’Autostrada Brescia-Padova diventata A4 Holding (fino al 2013 con un pacchetto azionario pubblico del 32% e la presenza ultraminoritaria di Mantovani). Portopiccolo di Duino Aurisina è di proprietà di Serenissima Sgr: a maggio il 30% delle quote del fondo immobiliare (valore 30 milioni) è passato a Ezzani De Eccher.

Finanza «creativa», urbanistica su misura e cemento armato all’opera. Una rotta che sembra privilegiata a Trieste. Fin dall’epoca del sindaco-governatore Riccardo Illy, condannato in secondo grado dalla Corte dei Conti per la vendita di due immobili della Regione (700 mila euro da restituire…) e dimessosi dalla Commissione paritetica Stato-Regione. Con buona pace di Debora Serracchiani, vice segretario del Pd di Renzi?