“Non è pensabile che Zeno D’Agostino non sia più presidente dell’Autorità Portuale del Mare Adriatico orientale” ha commentato a caldo il Ministro dello Svilupo Economico Stefano Patuanelli. Già, non è pensabile. Eppure, da mercoledì, Zeno D’Agostino è stato dichiarato decaduto da quell’incarico dall’Autorità nazionale anticorruzione con una sentenza che rileva come, nel 2016, l’allora ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio non avrebbe potuto nominarlo presidente perché D’Agostino era già alla presidenza di Trieste Terminal Passeggeri (carica non gestionale oltreché non retribuita, va precisato). Presidenza dell’Autorità Portuale inconferibile dunque e, dramma nel dramma, grande punto di domanda sulle centinaia di contratti stipulati in questi quattro anni.

Gli accordi, i contratti, le iniziative … il business plan di questi quattro anni è davvero incredibile, per quantità e qualità. In quattro anni il Porto di Trieste è diventato il primo scalo merci in Italia con più di 62 milioni di tonnellate movimentate e, grazie ai binari capillarmente presenti, con oltre 10.000 treni al servizio dell’intermodalità, voluta e costruita passo dopo passo con accordi internazionali: l’Austria, l’Ungheria, la Slovacchia, ovvero il retroterra storico di Trieste.

Per non parlare del tavolo di intenti con la Cina e l’occhio attento alle possibili occasioni offerte dalla Via della Seta. “Nell’interesse pubblico”, ha sempre voluto sottolineare D’Agostino, consapevole che i porti italiani sono enti pubblici, non economici. Zeno D’Agostino è stato anche l’unico ad accorgersi di un qualcosa che, per sessant’anni era rimasto taciuto: che Trieste è Porto Franco. Così la volle nel 1719 l’Imperatore Carlo VI che, con quella patente, cambiò il corso della storia della città ma che così la definì anche il Memorandum d’Intesa sancito a Londra nel 1954 quando l’amministrazione anglo-americana abbandonò la città.

“Trieste ha il petrolio in casa!” ha sempre dichiarato il presidente dell’Autorità Portuale che, sulla piena realizzazione di quanto stabilito dal Memorandum di Londra, ha subito intravisto strade a percorrere e un futuro da costruire. L’apprezzamento della città, anche nelle sue anime più diverse, è sempre sembrato unanime, pur con qualche ombra che, però, è sempre parsa legata a vecchi interessi senza futuro. Senza dubbio la presidenza di Zeno D’Agostino dell’Autorità Portuale ha segnato una svolta radicale dopo anni di immobilismo: ha ridato a Trieste il suo legame con il mare e, dal mare, con l’entroterra che le è proprio, mostrando un futuro finalmente fondato sulla produttività e sul lavoro.

Le ripercussioni della sentenza dell’anticorruzione sono, a oggi, inimmaginabili, le reazioni sono state immediate e bipartisan: dal Presidente della Regione Fedriga, al Sindaco di Trieste, al Consigliere del PD Francesco Russo che ha lanciato una sottoscrizione online che “non avrà valore legale, ma ha un grande valore simbolico: dimostrare che Trieste ha già un Presidente dell’Autorità Portuale che stima ed apprezza per la sua professionalità e per e sue capacità. E non vuole perderlo”.

“Trieste ha già un Presidente dell’Autorità Portuale” hanno ribadito con particolare forza i lavoratori del porto (sono più di 5.000 e altrettanti nell’indotto) che hanno deciso di bloccare ogni attività finché D’Agostino non tornerà al suo posto. Il porto è blindato, i Tir che arrivano agli ingressi fanno inversione a U e si affollano in autoporto, qualche portacontainer resta in rada perché non si scarica e non si attracca. Tra i lavoratori lo sgomento è evidente: tra loro e il Presidente D’Agostino il confronto è sempre stato serrato e costruttivo e a lui devono una scelta politica non ovvia: quella di internalizzare il lavoro delle compagnie portuali, rivoluzionario per quanto è stato controcorrente.

Mille domande si rincorrono: “Cosa significa azzerare quattro anni di scelte, di decisioni, di processi messi in moto, di cantieri aperti, di impegni internazionali sottoscritti? Significa che l’Agenzia del Lavoro portuale viene sciolta e si torna al sistema delle cooperative? Significa che i lavori della piattaforma logistica vengono fermati? Significa che Adriafer deve restituire le locomotive acquistate?”

“Noi siamo qui per difendere i posti di lavoro del Porto di Trieste” dichiara un lavoratore ad un giornale locale “Siamo qui per difendere i posti di lavoro ed il nostro Presidente e  per non tornare ad avere il deserto che avevamo prima della sua venuta”.

“Siamo qui a difendere il Porto” dice Sasha Colautti di USB a Trieste Cafè “Difendiamo la figura, la carica del Presidente e quanto si è stato fatto in questi anni. Il ruolo del Pubblico ha dimostrato, con il Porto, che mettendo le persone giuste al posto giunto i risultati tangibili arrivano, per portare maggiore occupazione e diritti. I lavoratori non vogliono vedere messo in discussine quanto è stato fatto”.